Chi corre piano non sempre va lontano…
La corsa lenta non è sempre una buona idea. Il nostro corpo funziona un po’ come le macchine di grossa cilindrata, se le facciamo circolare solo in città a 30 km orari tendono ad ingolfarsi. Lo stesso succede a chi corre: modificare il gesto tecnico rallentandolo eccessivamente può avere effetti negativi.
Quando parliamo di ritmi lenti o veloci i riferimenti sono ovviamente soggettivi. Correre piano è quindi un’idea relativa ma è certo che più si abbassa la velocità di crociera tanto più si allunga il tempo di appoggio del piede sul terreno. Il prolungarsi del tempo di appoggio comporta una esaltazione degli eventuali difetti biomeccanici del piede e quindi tutta una serie di stress talvolta mal sopportati.
L’utilità della corsa lenta è legata alla possibilità di correre più a lungo e quindi ad un minor dispendio energetico, però bisogna sempre chiedersi se tale necessità allenante non è almeno parzialmente sostituibile con andature a velocità variabile o comunque con un ritmo non eccessivamente lento.
Nei programmi di allenamento il cosiddetto lungo lento può rappresentare un passaggio obbligato in vista di una preparazione per la maratona. Uno dei sistemi migliori per ovviare a taluni effetti negativi è optare per un percorso che invita naturalmente a dei cambi di ritmo al fine di rompere uno schema motorio spesso foriero di effetti negativi.
Corsa lenta: gli effetti negativi
- Aumento dei tempi di appoggio. Il piede ha più tempo per pronare con tutte le conseguenze negative legate a questa possibilità
- Aumento dell’intrarotazione della tibia. Se una modesta intrarotazione è fisiologica, tempi lunghi di appoggio possono creare situazioni di stress capsulo legamentoso a livello del ginocchio
- Scarsa attivazione muscolare. La muscolatura dell’arto inferiore in generale non svolge al meglio quel ruolo antigravitazionario che gli compete con effetti negativi sulle strutture articolari ed in particolare della schiena
- Scarso utilizzo eccentrico del muscolo. Questa tipologia di lavoro avviene al meglio ai ritmi più veloci dove lo stiramento prima e l’elasticità delle fibre muscolari dopo producono un effetto con sviluppo di energia a basso costo energetico