Anche se ci siamo preparati a puntino e abbiamo preso tutte le precauzioni del caso può succedere che la quota ci giochi un brutto scherzo: ma sono davvero gli effetti dell’altitudine oppure è ansia pre-gara?
Ogni essere vivente cerca disperatamente di adattarsi ai cambiamenti del proprio ambiente. L’aumento dell’altitudine comporta una minore pressione parziale dell’aria, il che significa essere esposti all’ipossia (carenza di ossigeno). Persino a questo stato di minor disponibilità di ossigeno gli animali contrappongono delle strategie di adattamento. Non sono solo gli umani, infatti, a dover acclimatarsi per sopportare la quota.
Per stare bene in quota occorre quindi che abbia luogo quella serie di adattamenti compensatori che chiamiamo acclimatazione. Di questo sono ben consapevoli tutti i trailer. Anche se non c’è bisogno dei lunghi e laboriosi processi di acclimatazione necessari a salire a quote himalaiane, pure per essere performanti in media montagna occorre un po’ di adattamento. Se teniamo alla prestazione è quindi corretto programmare un pochino di acclimatazione prima di effettuare una prova impegnativa o una gara in alta o media montagna.
Spesso però i naturali processi di adattamento sono complicati oppure ostacolati da aspetti emozionali. Ce lo spiega in modo approfondito Pietro Trabucchi, psicologo dello sport, nel numero di marzo di Correre
La mente può intervenire a complicare processi di adattamento altrimenti molto semplici. Prima di una scalata, tanta gente dorme malissimo nel rifugio o ha continue nausee, confondendo gli effetti della quota con quelli dell’ansia. I trailer ansiosi spesso confondono e sovrappongono quello che è ansia pre-gara con gli effetti reali dell’altitudine. Alla fine si crea un mix letale per la prestazione.