Omeostasi, supercompensazione e incrementi decrescenti: impariamo a dosare gli stimoli allenanti

Omeostasi, supercompensazione e incrementi decrescenti: impariamo a dosare gli stimoli allenanti

Carico-scarico: su questo binomio si basa un importante principio della metodologia dell’allenamento. alternando sedute impegnative con altre di minor carico, infatti, si favorisce la rigenerazione delle componenti fisiologiche alterate dai carichi di lavoro. Tecnicamente, il ripristino di tali deterioramenti viene definito omeostasi… Ma non preoccupatevi se vi sentite più a vostro agio a chiamarlo semplicemente “capacità di recupero”!

SUPERCOMPENSAZIONE

L’organizzazione delle fasi di carico e di rigenerazione porta a una serie di adattamenti fisiologici che migliorano l’efficienza degli organi e degli apparati. La conseguenza diretta è un incremento prestativo. Gli allenatori indicano questa situazione con il termine “supercompensazione”, che viene graficamente rappresentata da una serie di onde con un’ampiezza crescente nel caso di un evidente incremento prestativo. Si tratta ovviamente di un modello teorico, che ha una rilevanza relativa e che viene usato sia dagli allenatori sia dagli atleti più per il piacere di utilizzare un termine strutturato che per esprimere un concetto concreto.

SUL FILO DEL RASOIO

Nel mondo reale, vale a dire all’atto pratico, non ci sono allenatori che rispettino le regole e le onde della supercompensazione, se non occasionalmente e in momenti specifici della preparazione, perlopiù limitati al periodo pre agonistico e agonistico. Il concetto teorico della supercompensazione viene volutamente alterato sul campo per ampliare l’effetto allenante degli stimoli.

Generalmente gli allenatori non attendono che i propri atleti abbiano smaltito completamente l’effetto della sollecitazione precedente, prima di procedere con la proposta di un altro stimolo di carico più o meno elevato.
Nella programmazione degli atleti evoluti, le sedute impegnative sono maggiori rispetto a quelle di recupero, con l’intento di stressare il corpo senza attenderne il completo adattamento.
Così facendo, si agisce volutamente “sul filo del rasoio” della capacità di carico, se non addirittura un po’ oltre, quel tanto che serve per mettere in specifica difficoltà il corpo e stimolarlo a un adattamento maggiore.

 

IL CARICO DEGLI AMATORI

Per un podista amatore, specialmente se prossimo ai quarant’anni la supercompensazione va certamente rispettata: molto meglio attendere il ripristino dell’ omeostasi prima d’intervenire con un altro stimolo allenante di una certa efficacia.
Per un amatore è importante sottoporre l’organismo a sollecitazioni specifiche, sia perché il corpo ha una reazione meno elevata allo stimolo allenante (inferiore coefficiente di allenabilità), sia perché i tempi di recupero sono più ampi.

Ho personalmente rilevato che i podisti amatori, specialmente i Master, riescono a raggiungere un più alto livello di rendimento quando il recupero di uno stimolo ( omeostasi ) è stato completo (supercompensazione compensata). e proprio perché il recupero è pieno, si può agire svolgendo un carico adeguatamente elevato.

COME AFFRONTARE I CARICHI

Affrontare una seduta di carico quando si è fisicamente reattivi è una situazione ottimale per una serie di aspetti.in primo luogo, lo stimolo allenante sarà maggiore sia sul piano quantitativo sia sul piano qualitativo, ovvero nei ritmi di corsa e nella capacità di recupero. In secondo luogo, la reazione fisica tende a essere più efficace proprio quando l’organismo è ricettivo e riposato. difficilmente ci si troverà a dover sospendere la seduta perché non si è in grado di sostenere lo sforzo. Infine, correre senza residui di stanchezza consente di esprimere maggiore efficienza. In questo caso non mi riferisco solo al fatto di correre più velocemente, ma soprattutto all’esprimere un’azione meccanica più redditizia. Personalmente ritengo che un podista amatore debba far durare l’entità del carico fino a quando lo esegue bene, vale a dire esprime una “bella” azione di corsa.

INCREMENTI DECRESCENTI

Con “correre bene” intendo la capacità di mantenere un’ampiezza della falcata regolare e tempi di contatto a terra costanti. L’alterazione significativa di questi elementi è un segnale di fatica, non per forza correlata con la stanchezza. In presenza di una perdita del controllo neuromuscolare, la
risposta fisica diventa poco produttiva e non ha più tanto senso proseguire con uno stimolo che, a quel punto, non è più allenante ma depressivo.
Quest’ultima situazione viene definita come fase di incrementi decrescenti. Agire in presenza di un elevato stato di fatica non ha nessuna efficacia allenante perché invece che stimolare il corpo si finisce per deprimerlo.

STIMOLI PER GLI AMATORI

Suggerisco di alternare due allenamenti di scarico (non due giorni, ma proprio due sedute) a uno di carico. Se ad esempio domenica svolgete allenamento intenso, il successivo potrebbe essere programmato per il giovedì e quello seguente ancora di domenica. Per un amatore, infatti,sembra sia più produttivo allenarsi tanto (ovvero con un elevato carico) ma poche volte, alternando a questo picco altre due sedute nelle quali svolgere uno stimolo non stancante.

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