Dimagrire non significa solo, come ancora in molti purtroppo pensano, perdere peso. Anzi, il deperimento muscolare può fare solo danni. Occhio, sempre, a non cadere in trappole pericolose. E ricordiamoci che, facendo movimento, siamo sulla strada giusta.
Come abbiamo detto spesso, il panorama delle indicazioni dietologiche in Italia è alquanto disarmante. Di recente poi, purtroppo, sono stati portati alla ribalta televisiva e mediatica in genere operatori che di scientifico, nelle proprie affermazioni, hanno ben poco: dall’orgia di proteine dei dukaniani fino agli estremismi vegani o fruttariani, passando per gruppi sanguigni e diete “mima digiuno” da 750 calorie giorno. Tra questi maghi si è distinto un farmacista pugliese dai modi molto coloriti (che chiama le pazienti “ciccione”, “testa di donna” e via insultando e che in ragione di questo è presente in tv a giorni alterni) che, tra le tante insulsaggini proposte, ribadisce con forza la dannosità del movimento fisico. Il problema è suo, ma non solo suo.
FALSE DIETE
Chi ancora misura il successo di una dieta sulla base del solo calo di peso indotto, non facendo differenza tra perdita di grasso (vero dimagrimento) e di muscolo (deperimento indotto da digiuni, diete ipocaloriche o diete sbilanciate) farà cadere facilmente in questa trappola: prescrivo una dieta a basse calorie (magari apparentemente libera: ci si può ingozzare di bresaola, o di finocchi crudi) e impedisco di muoverti. In poche settimane il calo di massa muscolare del paziente sarà evidente e dei 10 kg persi, 8 saranno di muscolo, con un conseguente rallentamento metabolico che porterà presto a recuperare il peso perso, con gli interessi, sotto forma di grasso. L’ignaro paziente si trova dunque al peso di prima, se non peggio, ma con una massa muscolare fortemente depauperata, che lo predisporrà a nuovi ingrassamenti. E ciononostante resterà con la sensazione che quella dieta aveva funzionato e sarà dunque portato a cercare un nuovo filibustiere che indichi una possibile simile scorciatoia.
UN NUOVO LIEBERMAN
Un po’ di buona scienza potrà spiegarci perché fare sport possa invece indurre vero e stabile dimagrimento, in chi ne abbia bisogno, preservando la massa muscolare e mantenendo alto il metabolismo. Qualcuno tra i lettori ricorderà sicuramente il lavoro che spesso cito di Bramble e Lieberman apparso su Nature nel novembre 2004, dal titolo Running and the evolution of Homo. In tale articolo, che ha riscritto un pezzo della nostra storia, gli autori hanno scientificamente ben documentato come la nostra struttura fisica sia, da un punto di vista anatomico e fisiologico, una splendida macchina da corsa, perfettamente funzionale allo stile di vita del nomade cacciatore-raccoglitore che per due milioni di anni siamo stati. Potete dunque immaginare con quale piacere abbia scoperto in libreria una nuova fatica editoriale di Daniel Lieberman, dal titolo La storia del corpo umano, evoluzione salute e malattia, che si addentra nei significati profondi di quanto, giorno dopo giorno, a livello scientifico, sta emergendo. Tra i numerosi temi trattati, Lieberman analizza ciò che avviene a livello biochimico e metabolico nel corpo che corre, evidenziando alcuni meccanismi teoricamente noti a tutti, ma su cui pochi mettono l’accento. Vediamo di dare il nostro contributo in quella direzione.
LA RESISTENZA INSULINICA
In questi anni l’alimentazione di segnale ha evidenziato come il lavoro della leptina, ormone fondamentale per la costruzione di massa muscolare e per il mantenimento del peso forma, sia disturbato pesantemente da forti oscillazioni insuliniche. Da lì la necessità di tenere controllati (salvo in gara) gli zuccheri semplici e le farine raffinate, a vantaggio di quelle integrali. Gli sbalzi insulinici indotti dall’uso di cibi zuccherini, infatti, generano resistenza nei recettori ipotalamici della leptina, inducendo ingrassamento (fame belluina) e deplezione muscolare (Mietus-Snyder et al., 2008). Un sedentario che consuma cibi zuccherati (biscotti, brioche, bibite gassate, gelati) ingrasserà inevitabilmente in modo graduale. Un runner invece potrà ritardare di molto questo processo, qualora la sua attività fisica sia regolare e quotidiana.
Ciò avviene per un meccanismo molto particolare indotto dalla corsa: in chi fa sport, infatti, si modifica l’equilibrio dei recettori dell’insulina tra cellule muscolari e adipose, a vantaggio delle prime. Per capire cosa questo significhi nella pratica, occorre ricordare che l’insulina non è quel “diavolo” che spesso viene descritto nei libri di nutrizione. È piuttosto il più importante mediatore per il trasporto e l’assimilazione dei nutrienti del sangue all’interno delle cellule. Ciò che fa la differenza è dove l’insulina indirizza gli zuccheri: se li manda al muscolo verranno consumati, se al tessuto adiposo tenderanno ad accumularsi sotto forma di grassi.
Un lavoro di Poirier e Després pubblicato su Cardiology clinicsnel 2001 documenta molto bene come la corsa sposti questo equilibrio nella direzione a noi più favorevole. Aumenta infatti la sensibilità insulinica nel tessuto muscolare, riducendola nel tessuto adiposo. Ciò significa che, a parità di glicemia, finiscono più zuccheri nella fornace muscolare di quanti non ne finiscano nel magazzino adiposo. Un trucco biologico di elevata efficienza per mantenerci magri e tonici oggi come nel Paleolitico. A una sola condizione: quella di continuare a correre con regolarità.
Se qualcuno vi dice che per dimagrire rapidamente occorre evitare di fare sport, seppellitelo con una risata. La scienza della nutrizione è una cosa seria ed è bene che sia messa in mano a chi sia capace di giustificare scientificamente le proprie scelte.