Molto spesso ho organizzato le mie uscite podistiche considerando il meteo e il clima. In base alle previsioni anticipavo o posticipavo una seduta specifica per evitare di essere troppo condizionato dagli elementi ambientali. Più volte è successo però che questa scelta non abbia coinciso con l’evolversi della situazione meteo. Mi sono quindi ritrovato a sostenere sedute impegnative con un clima sfavorevole, mentre avrei corso in circostanze ambientali migliori se avessi rispettato la programmazione.
Quante volte si sente dire che le previsioni meteo sono spesso sballate e inaffidabili. Non è semplice prevedere che situazione ci sarà nel giro di un paio di giorni, anche se i meteorologi dispongono di modelli matematici affidabili per valutare con un’ottima approssimazione l’evoluzione del clima. Le difficoltà che nascono sono dovute alle variabili che condizionano il movimento dell’aria. In uno stato di riposo, come ad esempio nell’ambiente casalingo, gli elementi dell’aria sono in una condizione di calma assoluta; basta però aprire la finestra per farli mettere in moto, secondo l’azione di vari influssi.
Sono questi fattori – temperatura, pressione e umidità –che rendono difficile prevedere cosa accadrà nell’atmosfera esterna. Una volta che esce dalla porta, o dalla finestra, l’aria è in balia della teoria del caos. Piccole variazioni delle condizioni iniziali producono grandi cambiamenti su un ambiente e in un ambito territoriale più grande. È il cosiddetto effetto farfalla: si dice che il minimo battito di ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo.
Una situazione simile può essere rilevata anche a livello delle reazioni e degli adattamenti del nostro corpo a uno stimolo allenante.
Una seduta di corsa media, ad esempio, agisce a livello fisiologico determinando un aumento della frequenza cardiaca, un maggior flusso di sangue nei vasi, la necessità per i polmoni di introdurre più ossigeno.
Queste reazioni sono comuni a ogni podista quando lo sforzo è di questo tipo e anche gli adattamenti del corpo avranno caratteristiche simili. Ci sarà uno sviluppo della rete di capillari, le fibre muscolari acquisiranno la capacità di utilizzare una miscela
energetica specifica, aumenterà la quantità dei mitocondri. Ma il risultato finale non sarà analogo per tutti i podisti che hanno svolto lo stesso allenamento.
Ci saranno amatori che dopo tre sedute di corsa media avranno migliorato la propria efficienza del 3%, altri del 5% e chi solo dell’1%.
Rispetto ad altri sistemi complessi (fisica, chimica, informatica, economia, finanza), la teoria del caos ha effetti ancora più ampi nel nostro corpo; ogni allenatore cerca di prevedere le minime variazioni (allenamento) che hanno grandi effetti sul sistema (corpo). Quali conseguenze può avere, ad esempio, percorrere delle ripetute sui 1.000 m in 4’ invece di 4’10”? Se ci si affida all’effetto farfalla, le variazioni possono essere rilevanti.
La fisiologia del corpo umano ha invece reazioni piuttosto prevedibili, quasi come i modelli matematici dei meteorologi, ma un margine
di errore va sempre messo in preventivo.
Mi sembra però che l’esuberanza e la voglia di protagonismo porti a forzare la fisiologia, convinti che si possa cavalcare la teoria del caos con grande profitto. Nel “sistema podismo” attuale rilevo che, in un’epoca di evoluzione del tecnicismo atletico, si producano risultati modesti con sforzi enormi. In questo caso sembra valere più un noto detto: la montagna ha partorito il topolino.