In un’intervista uscita l’anno scorso su Correre Federico Mancin, trentacinquenne professionista del digitale, ci aveva raccontato sua storia di uscita dal tunnel della depressione e di rinascita verso la serenità grazie alla scoperta della corsa. Corsa che era venuta a essere, per lui, un simbolo della felicità e della tranquillità ritrovate dopo un momento buio, oltre che un’occasione per ritornare a stare bene anche dal punto di vista fisico. Ci aveva parlato del suo blog (runnerextralarge.com) e del suo profilo Instagram (runner_extralarge), entrambi molto seguiti da persone per cui lui, un po’ a sorpresa, era diventato una fonte di ispirazione e stimoli. E ci aveva anche rivelato di avere scritto un libro, Corri che ti passa. Se devi ripartire, fallo correndo, a scopo benefico, in favore di Aism (l’associazione italiana per la lotta alla sclerosi multipla).
Un libro che parla a tutti
Il volume oggi ritorna in libreria in una nuova veste, pubblicato da Anteprima Edizioni, con cinque capitoli inediti dedicati principalmente alla preparazione della sua prima mezza maratona. Si tratta, però, un libro che parla a tutti. Che racconta di vita prima ancora che di sport. Della possibilità di ritrovare un serenità che si credeva persa e di come questo possa accadere anche grazie alla corsa. Un’attività in grado realmente di far ritrovare se stessi anche quando tutto sembra perduto e ansia e stress paiono muri insormontabili. Una storia in cui il running diventa prima rifugio e poi passione. La corsa ˗ e la fatica che ne consegue ˗ si fanno così ancora una volta metafora della vita, in un lungo e tortuoso percorso di cambiamento e rivincita, in una trasformazione che offre nuova speranza, fino al raggiungimento di un traguardo sportivo. Il primo di molti.
Le parole di Federico
«Quando mi sono reso conto che la corsa aveva cambiato qualcosa di importante nella mia vita, aiutandomi a uscire da un periodo buio e portandomi a stare meglio da ogni punto di vista, mi sono trovato di fronte a un bivio. Non dire nulla, facendo credere alle persone intorno a me di essermi avvicinato al running solo per dimagrire, perché ero in forte sovrappeso. Oppure uscire allo scoperto e raccontare la mia storia. Parlare di un momento della mia vita in cui sono stato molto fragile e vulnerabile. Ho scelto la seconda via e questo ha innescato un meccanismo che mi ha portato, con non poca sorpresa e con una responsabilità che ancora mi stordisce un po’, a dare una mano a persone che si sono trovate in situazioni simili.»
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