Ogni individuo appassionato di una qualche attività è naturalmente portato a seguire con entusiasmo gli argomenti che fanno parte, in qualche modo, di questo suo interesse.
Basti pensare al piacere che provano i lettori della nostra rivista quando la comprano o la ricevono nella cassetta della posta. C’è curiosità, quasi bramosia, nello sfogliare le pagine alla ricerca delle informazioni riguardanti la nostra passione: la corsa.
I partecipanti a questa attività comune condividono gli interessi, sviluppano opinioni, pareri, entusiasmi, tanto che si formano delle community in rete, in cui si discute di tanti argomenti. Si formano così circoli di persone che arricchiscono le proprie conoscenze grazie a questi scambi di opinioni, sviluppando anche delle vere e proprie specializzazioni nei vari argomenti. Se tali informazioni rimangono logiche, razionali e funzionali, l’accrescimento è positivo e stimolante.
A volte però c’è anche il rischio che, con sempre maggiori informazioni, si arrivi a un radicamento di alcune opinioni, così forte da farle degenerare in convinzioni estreme, apparentemente indiscutibili, che nel tempo diventano luoghi comuni, specie per quanti entrano nei circoli in momenti successivi e assorbono tali informazioni perché diffuse da soggetti ritenuti più esperti.
Da qui, si può quindi sfociare in circoli viziosi di pareri e idee che gradualmente si staccano dalla razionalità e dalla logica, andando a formare delle credenze nelle quali la convinzione è tale solo per chi ne è coinvolto. Per chi è racchiuso dentro questa bolla, ogni elemento esterno che contrasta con le opinioni dei partecipanti è considerato incompetente e quindi inappropriato.
Questi atteggiamenti possono portare a perdere il senso della misura e della realtà. Ad esempio, il barista che assiste alla discussione dei suoi clienti podisti (che di lì a un paio d’ore parteciperanno a una mezza) sul fatto che sia meglio bere il cappuccino con il fruttosio per non alterare la glicemia e che siano da preferire le brioche integrali a quelle con la crema, resta naturalmente disorientato.
Lo stesso può capitare quando la moglie si inserisce nel discorso che il marito podista fa con gli amici corridori quando hanno in programma di percorrere 30 km, in vista ad esempio della maratona di Berlino, alle 5 del pomeriggio di un giorno d’agosto.
Ecco perché, a volte, chi ci vive accanto ma è al di fuori del nostro mondo (podistico), può essere un punto di riferimento utile a farci ricredere su convinzioni così radicate da non essere neppure vantaggiose. Non trattandosi di persone che sono dentro le situazioni tecniche non ci si può aspettare che ragionino da allenatori, ma spesso forniscono spunti diretti che, nella loro semplicità, fanno riflettere su aspetti che a volte restano fuori dai nostri pensieri, perché siamo troppo presi dal vortice dei chilometri, degli sforzi, della fatica.
Quante volte ho sentito mogli (e mariti) riferirsi ai propri compagni come a dei “matti”, non intendendo che non va bene praticare la corsa, ma che viene interpretata e vissuta scadendo in esagerazioni. Se l’entusiasmo e la passione ci portano a un livello molto alto, a volte si rischia di non stare più, appunto, con i piedi per terra e farsi prendere dall’eccesso. A volte, non sarebbe sbagliato quindi rivolgersi al proprio compagno/a e chiedere: «Ma secondo te…»