L’incidente fatale al primatista mondiale di maratona assume i contorni del giallo. Kelvin Kiptum potrebbe essere stato vittima di un sabotaggio? Non sarebbe un caso isolato…
E se non fosse un incidente, una tragica fatalità?
È questa la domanda che nelle ultime ore circola relativamente alla morte del primatista mondiale di maratona Kelvin Kiptum deceduto domenica sera in Kenya insieme al suo allenatore Gervais Hakizimana. L’auto su cui stavano viaggiando è uscita di strada finendo la sua corsa contro un albero. Una terza persona, la 32enne Samson Cheruiyot, è invece sopravvissuta.
Dopo aver siglato il record del mondo con 2h00’35” a Chicago, Kiptum (24 anni) era in piena preparazione per la maratona di Rotterdam dove puntava a infrangere, primo uomo al mondo, la barriera delle 2 ore. Gli impegni agonistici lo proiettavano poi come il favorito all’oro olimpico a Parigi2024.
I sospetti del padre
Sogni tragicamente infranti. Le autorità locali hanno catalogato il fatto come un incidente, ma il padre di Kiptum ha subito chiesto di aprire un’indagine sulla morte del figlio, sostenendo che quattro persone non identificate lo avevano cercato alcuni giorni prima della tragedia con fare sospetto.
Secondo quanto riportato dal quotidiano locale Nation, le affermazioni del padre di Kiptum avrebbero trovato un riscontro: tre delle quattro persone che si erano presentate in modo ambiguo a casa del maratoneta, senza trovarlo, sono state arrestate.
I precedenti
La vicenda assume sempre di più i contorni del giallo e si inserisce in un contesto molto complesso come quello del Kenya culla del running, dove la criminalità più volte ha preso di mira campioni e top runner.
Correre ne ha parlato poco più di un mese fa. Leggi QUI l’approfondimento di Daniele Menarini:
LA LUNGA STRISCIA DI MORTE DEL RUNNING IN KENYA