Simone Leo, ultramaratoneta conosciuto ai lettori di Correre perché gli venne dedicata un’ampia intervista su Correre gennaio 2019 in cui raccontava la sua esperienza di primo italiano ad aver concluso tutte le “seven sisters”, cioè le sette ultramaratone ritenute le più dure, è pronto a sfidare il clima polare per portare negli Usa il suo messaggio: “viviamo per spostare i nostri limiti”.
Lo start è programmato all’alba del 27 gennaio tra i boschi di International Falls, a Nord dello stato americano del Minnesota, alla frontiera con il Canada. Simone Leo, 41 anni, atleta di Cinisello Balsamo (Milano) è pronto a correre la Arrowhead135, tra le competizioni di ultramaratona più dure al mondo.
Nell’inverno americano, Simone disputerà una gara di 135 miglia (217 chilometri), lungo un percorso in natura completamente innevato. Sarà accompagnato solamente dalla sua slitta, sulla quale dovrà trasportare tutto il materiale e le attrezzature (cibo, abbigliamento, tenda un fornelletto per sciogliere la neve e integrarsi, oltre che gli attrezzi di emergenza) per vivere e correre a temperature che potranno arrivare a -30 gradi durante tutto il periodo di gara, stimato tra le 45 e le 60 ore, a seconda delle condizioni meteorologiche. Sarà una gara in completa autonomia la sua, perché non potrà avere alcuna assistenza esterna e potrà contare solamente sull’assistenza di base offerta in tre check point lungo il percorso, nei quali potrà cambiarsi e rifocillarsi. Con lui al via ci sarà anche l’italiano, Filippo Poponesi, ultramaratoneta di Perugia.
Il percorso di gara si snoda lungo un trail selvaggio che attraversa il Minnesota da Nord a Sud.
Gli atleti non potranno far altro che cercare di adeguarsi alle condizioni meteo che in questa stagione possono prevedere abbondanti nevicate, un vento gelido da Nord e improvvisi e micidiali cali di temperatura.
“Dopo aver corso in uno dei deserti più caldi al mondo, la Death Valley in California – racconta Simone – questa volta ho scelto il clima freddo e una condizione di gara assolutamente unica, per un ultramaratoneta, la completa autonomia. Uno degli elementi chiave per un buon ultramaratoneta è la capacità di resistere alla fatica, di usare la testa anche quando il cervello è offuscato dalla fatica e dalla mancanza di sonno. Questa volta voglio mettere alla prova le mie capacità in un ambiente nuovo e ostile, per provare ancora una volta a superare il limite – sottolinea – Per me sarà inoltre la prova mancante per completare il circuito americano delle 135 miglia”.
Curiosità su Simone Leo
Simone nella vita di tutti i giorni è marito e padre di Alex, un bimbo di 4 anni, ma è anche un dipendente di Trenitalia, macchinista che quotidianamente guida i treni lungo le vie ferrate italiane. Ciò non gli ha impedito di essere un atleta internazionale. Si allena nel tempo libero, correndo per decine di chilometri nel Parco Nord, a Nord di Milano, e spesso nelle vie di Milano. Per lui ogni angolo della città è a portata di gambe!
Simone ha cominciato a correre poco più di 10 anni fa con l’obiettivo di perdere peso e vincere la sedentarietà. Pesava 105 chili ed era un antisportivo. Dalle gare di paese è in breve passato a quelle internazionali. La sua esperienza sportiva, e prima ancora di vita, lo ha portato a coniare un motto: “Spostando il limite”. Nel quale ha espresso la sua capacità di passare dal divano a una vita sportiva piena e ricca di soddisfazioni. Un motto che è diventato un elemento motivazionale per tante persone, sia nello sport che nella vita. Nel 2019 ha pubblicato il libro “Spostando il limite” (edito da Excogita) che parte da questa domanda: “Quanta distanza deve percorrere un uomo prima di poter affermare di conoscere veramente se stesso?”. Attualmente, sta portando nelle scuole di mezza Italia il racconto della sua incredibile esperienza di vita.
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