Cos’è un mito? Un mito è un racconto speciale e magico, una narrazione che ci consente di attribuire un senso a eventi incomprensibili o emotivamente sconvolgenti. Attraverso i miti gli antichi riuscivano a dare un senso al cosmo e alla loro azione al suo interno.
Su Correre di maggio lo psicologo dello sport Pietro Trabucchi analizza il concetto di mito applicato al mondo dello sport: “mi spingerei a dire che nella nostra società lo sport rimane uno dei principali ambiti di produzione di miti”.
La vita del podista oggigiorno è piena anche di un altro genere di miti e di idealizzazioni. Piace credere nella scarpa perfetta, nella tabella assoluta, nel preparatore supremo. E’ evidente: non c’è niente di sbagliato a ritenere che utilizzando i materiali migliori la prestazione ne risenta positivamente; che l’organizzazione dell’allenamento sia perfettibile ad oltranza o che esistano allenatori che sono oggettivamente più competenti, preparati o evoluti di altri.
Tuttavia, a volte, tutto ciò rischia di trasformarsi in un alibi: la tabella assoluta è come il principe azzurro. Qualcosa che permette di sfuggire dalla fatica e dall’impegno nel qui ed ora in attesa di aver trovato “quello che vale davvero la pena”. La tabella idealizzata funziona come alibi proprio perché non la si trova mai: così si rimanda eternamente il tempo dell’impegno.
Se ci fate caso, tutte queste idealizzazioni fanno leva su soluzioni esterne a noi stessi: la prestazione dipende dal bravo allenatore, dalla magica tabella, dallo speciale integratore, dalla scarpetta spaziale…
Il mondo sportivo si sta popolando di miti che non sono altro che soluzioni esterne idealizzate per innalzare magicamente la prestazione, a discapito dell’autodisciplina, della perseveranza, della volontà, dell’impegno.
E, come sempre, miti e manipolazione commerciale vanno di pari passo.