Uno strumento che ci ha facilitato la vita è senza dubbio il telefono cellulare. Nessun ragazzo di oggi ha mai usato una cabina a gettoni e forse non l’ha neanche mai vista. I telefonini sono diventati oggetti di cui quasi nessuno riesce più a fare a meno, soprattutto da quando includono tutte le funzioni e applicazioni per cui sono stati catalogati come smartphone (telefoni intelligenti). Per molti farne a meno è diventato davvero impossibile, tanto che l’associazione degli psicologi di New York ha coniato un termine per definire questa vera e propria sindrome da dipendenza: nomophobia (no mobile phone fobia).
Non so se siano gli stessi professionisti quelli a cui fa riferimento un articolo uscito di recente sul New York Times e che denunciano una patologia riguardante invece, nello specifico, i podisti. Gli psicologi riportano come molti runner ricorrano alla loro assistenza per la fobia sviluppata a causa dei troppi dati offerti dagli strumenti che utilizzano per gli allenamenti. Queste persone non riescono più ad andare a correre perché sopraffatte dall’ansia di fare sempre di più. E non si tratta di podisti di buon livello, che devono quindi sottostare a un certo regime di carico, ma di amatori per cui la corsa dovrebbe essere una forma di piacere, divertimento e relax.
Il running si trasforma invece così in una sfida con i “fantasmi presenti dentro gli strumenti”, come cantavano i Police nell’album Ghost in the Machine, del 1981. Il problema non sta naturalmente nei dati, ma nell’interpretazione che ne viene fatta. Sappiamo tutti che è impossibile mantenere a lungo un alto livello di rendimento e che è fisiologico – anzi necessario per fare progressi – che si verifichi un calo dell’efficienza e delle prestazioni. Si devono quindi accettare serenamente responsi cronometrici inferiori al proprio potenziale: in questo contesto è utile non dare troppa rilevanza ai dati strumentali. Se non si è condizionati dai numeri, il cronometro (e con lui i numerosi dati correlati) è semplicemente un supporto. Ma se arriva a influenzare negativamente lo stato d’animo, ritengo sia utile, ogni tanto, lasciarlo a casa.
Il podista non dovrebbe allenarsi e gareggiare “contro” la fisiologia, che si evidenzia con segnali facilmente percepibili sotto sforzo, specie con la respirazione, un atto così vitale che non può essere sottovalutato. Detto questo, la tecnologia è senza dubbio molto utile per migliorare vari aspetti correlati alla corsa e trarne dei vantaggi.
Faccio un paragone con le nostre auto, ricche di accessori che rendono più piacevoli gli spostamenti. Quando si è immersi nel traffico o si è costretti a guidare sempre con il piede sull’acceleratore, l’attenzione è rivolta al trascorrere del tempo, che pare passare sempre troppo in fretta. Invece, quando ad esempio si è in viaggio per una gita, il tempo è percepito in modo diverso, le sensazioni e le emozioni sono più piacevoli. Ecco, ogni tanto bisognerebbe pensare di essere dei podisti in gita.