Il modo in cui ci concentriamo su noi stessi e sul mondo intorno a noi, il tipo di elementi su cui decidiamo di rivolgere il nostro interesse mentre corriamo: sono tutti fattori che influenzano nel concreto la prestazione. Vediamo quando e in che modo insieme su Correre di ottobre insieme a Pietro Trabucchi, psicologo dello sport.
La ricerca scientifica sta attribuendo sempre più importanza alla mente per spiegare la performance atletica. E l’impatto del funzionamento cognitivo appare tanto più decisivo quanto più la prestazione di endurance è lunga e complessa. Prendiamo in considerazione, ad esempio, le nostre capacità di concentrazione: il modo in cui prestiamo attenzione a noi stessi e al mondo intorno a noi, il tipo di elementi sui quali decidiamo di focalizzarci, hanno concrete ripercussioni sulla prestazione atletica.
Ognuno di noi è caratterizzato da uno stile personale nell’utilizzare l’attenzione e questo approccio caratteristico opera anche mentre si corre: qualcuno si concentra sul gesto, altri lasciano spazio ai pensieri o alle immagini interne, altri ancora tendono a focalizzarsi sull’ambiente circostante.
Che differenza può fare se mi concentro su questo o su quello? Davvero i pensieri possono rallentarci o farci accelerare? E’ sacrosanto che la corsa dipenda da gambe, cuore e polmoni, ma è proprio per questo che l’attenzione produce effetti: perché modifica il funzionamento cerebrale, e gambe, cuore e polmoni sono strettamente collegati al cervello.
Se correte immersi nel presente, divertendovi o guardando un bel panorama, tutto diventa molto più facile di quando vi focalizzate sul piede che fa male, o sul pensiero che “è finita”. Tenete anche ben presente una cosa: gli effetti di questi diversi comportamenti dell’attenzione probabilmente finiscono per fare la differenza nelle gare di endurance prolungata.