Alla vigilia di New York è utile un ripasso della condizione di jet lag. Ma, attenzione: non ci rivolgiamo solo a chi viaggerà per correre. Alcuni comportamenti ancora adottati con frequenza dai maratoneti finiscono per produrre disagi simili alla trasferta lunga anche in chi è impegnato in una corsa a poca distanza da casa.
Per cominciare prendiamo-riprendiamo confidenza con un’espressione: ritmi circadiani (circa diem, brutal-letteralmente: intorno al giorno). Esempi: il ritmo veglia-sonno, quello di secrezione del cortisolo, di altre sostanze biologiche, periodi di tachicardia, bradicardia, “ipo” e ipertensione, ma anche le variazioni della temperatura corporea e di altri aspetti del sistema cardiocircolatorio. Il tutto misurato e considerato per come avviene nell’arco di 24 ore.
Questo patrimonio della nostra attività di vita finisce inevitabilmente per incidere sulla prestazione in corsa, perché produce variazioni dal punto di vista sia fisiologico sia psicologico. E la scienza identifica anche ritmi “circasettimanali”, “circamensili” e addirittura “circannuali”.
Due appaiono gli elementi che più di altri possono determinare il nostro ritmo circadiano: il ciclo sonno-veglia e le attività lavorative (in senso esteso, quindi anche studio, spostamenti, pasti, allenamenti), in particolare la loro distribuzione durante la giornata. Sono queste le fondamenta del nostro orologio interno, che cerca di mantenersi sincronizzato con il ciclo naturale del giorno, nel suo alternarsi del dì e della notte, registrando come stimoli la luce del sole e la temperatura.
Ecco perché un rapido cambiamento di fuso orario può alterare il nostro ritmo circadiano, generando problemi di adattamento.
Attenzione, però: questa condizione non riguarda solo i corridori (maratoneti nella maggior parte dei casi) che si spostano in un paese lontano per gareggiare. Per quanto paradossale possa sembrare, tensione, superallenamento, errate convinzioni e stanchezza possono portare anche il maratoneta che gareggia in Italia a ritrovarsi nelle stesse condizioni di stress e disagio in cui si trova il suo collega all’estero.
Cos’è il Jet lag
Un aereo è in grado di trasportarci velocemente a migliaia di chilometri dalla partenza. Questo spostamento, senza alcuna possibilità di immediato recupero e compensazione da parte del nostro fisico, incide sui ritmi circadiani: volando da est a ovest (esempio classico e di questo periodo: New York) ci si ritrova in un luogo dal quale il nostro organismo rivive la parte del giorno già trascorsa; volando verso est, invece, si costringe il nostro organismo ad anticipare quella parte del giorno che sarebbe stato pronto ad affrontare domani.
Questo lavoro imprevisto di adattamento genera stanchezza, disturbi del sonno, maggiore e più rapido affaticamento, irritabilità, depressione, problemi gastrointestinali, difficoltà di concentrazione. Questo accade proprio perché quando si arriva nel nuovo posto non si trovano gli orari della partenza, ma orari diversi a cui dobbiamo abituarci. La prima variazione, la più importante, è quella del ritmo notte-giorno. La difficoltà più immediata, infatti, è relativa al sonno. Le altre elencate subentrano nei giorni successivi al trasferimento e sono generate anche dal clima in cui si ritroviamo a vivere, diverso da quello solito, che abbiamo lasciato. Più in generale, tutti gli elementi che possiamo classificare come “ambiente esterno” generano nel nostro sistema psicofisico uno stress da adattamento.
I sintomi del jet lag li assorbiamo più velocemente da est verso ovest, mentre facciamo più fatica a reagire quando la nostra destinazione è a est. Anche se i tempi di reazione variano a seconda del soggetto, in linea generale due/tre giorni sono sufficienti per assorbire una trasferta a new York, mentre ne occorrerebbero sette-otto per ritrovare piena efficienza una volta arrivati a Tokyo. La regola, con inevitabile approssimazione, parla di un giorno di tempo per ogni ora di fuso da assorbire.
E molto dipenderà da quanto lontano ci si trasferisce: fino a due ore di differenza di fuso orario l’alterazione è minima, in una persona in buone condizioni fisiche. Da tre ore di differenza in poi, le difficoltà aumentano all’aumentare del numero di ore di fuso orario di differenza.
Jet lag: cosa fare
Premesso che si tratta di una modifica delle abitudini di vita inevitabile, alcuni accorgimenti utili possono risultare:
- il giorno prima di partire, riposo e pasto con carboidrati, capaci di favorire il sonno
- durante il viaggio aereo, interrompere l’immobilità con brevi camminate
- durante il viaggio aereo, selezionare, tra i numerosi pasti, quelli effettivamente utili, bere molto, evitare caffè;
- durante il viaggio aereo e dopo l’arrivo, previo preventivo consulto con il proprio medico, considerare la possibilità di assumere melatonina.
- una volta arrivati, concentrare subito mente e corpo nelle attività che in quel momento della giornata di solito si svolgono (anche a tavola: colazione se, dove ci si trova, è mattino), resistendo, ad esempio, alla tentazione di andare a dormire se c’è luce ed è giorno pieno;
- una volta arrivati, una corsa leggera, 20-25 minuti, accorcerà il periodo di adattamento;
- evitare comunque allenamenti pesanti nel corso della trasferta, se questa è limitata a meno di una settimana;
Il “Jet lag de no’atri”
A questo argomento più volte trattato, l’esperienza ci induce ad aggiungere una sorta di post-fazione, dedicata ad alcuni comportamenti ancora adottati con frequenza dai maratoneti, che finiscono per produrre disagi simili alla trasferta lunga anche in chi è impegnato in una corsa a poca distanza da casa.
Le alterazioni veglia-sonno, in particolare sono frequenti alla vigilia di una maratona, e sono generate da:
- tensione eccessiva, in presenza della quale vale la pena ricordare che nessuno di noi è al via per guadagnare la convocazione per i Mondiali o i Giochi olimpici;
- le diete dissociate, con i danni sull’equilibrio del nostro organismo. A questo proposito è curioso notare come ci si affligga con comportamenti alimentari stressanti proprio nei periodo in cui sarebbe necessario non disturbare il nostro apparato digerente;
- i sensi di colpa nei confronti della tabella, che spesso inducono a utilizzare le due ultime settimane, destinate allo scarico-rigenerazione, per effettuare allenamenti saltati, anche pesanti.
È anche così che ci si ritrova la notte prima della gara a guardare il soffitto con occhi sbarrati, a New York come a Firenze, a Chicago come a Venezia.