Mental coach e corsa, non solo per i campioni

Mental coach e corsa, non solo per i campioni

La giusta leva mentale

Lo scopo è lo stesso: capire quali sono i meccanismi che la mente mette in campo in determinati momenti della gara, in alcune condizioni fisiche, a volte anche estremizzandole, per capire qual è la leva mentale per gestirle ed affrontarle, rendendole semplicemente un passaggio nel percorso che porterà alla meta.

È quel famoso momento, quando meno uno se lo aspetta, che si trova a fare cose che non avrebbe mai pensato di fare con tanta scioltezza e serenità. Lì significa aver trovato la leva mentale giusta!

È proprio quello che ha fatto Alessandro Cianflone, runner per passione e mental coach per professione, che ha raccolto la sua esperienza sportiva per metterla al servizio degli atleti come Simona (insieme nella foto).  Per un mental coach come Alessandro, correre è come un brainstorming, una valanga di idee che lo accompagnano chilometro dopo chilometro. Grazie alla passione per il running ha iniziato un percorso formativo che lo ha portato dritto al Micap, Master Internazionale in Coaching ad Alte Prestazioni. Una vera e propria maratona di vita che lo ha messo davanti a molte prove fisiche, come: la prova peso, il campo di sopravvivenza e il correre una maratona in un determinato tempo prestabilito.

Maratona e sopravvivenza.

Due esperienze che hanno portato Alessandro a decidere di intraprendere questa professione per far capire quanto anche nello sport la gestione della mente, delle difficoltà siano strumenti fondamentali per raggiungere l’obiettivo.

Conoscere il running e praticarlo in prima persona, infatti, lo ha messo in più in ascolto e in allineamento con gli atleti. È riuscito a fare proprio questo con Simona, un’atleta che, come tante altre, allo sparo iniziale di ogni gara vedeva crollare l’entusiasmo e tremare le gambe a tal punto da non permetterle di avanzare di un passo. Con il supporto di Alessandro, amico e coach, la paura ha lasciato spazio all’energia e alla determinazione, soprattutto alla piena consapevolezza che sarebbe stato l’inizio di una nuova era.

Questo giro di boa è sicuramente frutto di una mente allenata che ha superato gli ostacoli e trasformato gli aspetti negativi in leve di lancio. Lo crede bene Alessandro Cianflone impegnato nella costruzione dell’identità sportiva di molti runner. Cianflone spiega come Simona abbia trovato la giusta via adottando una psicologia vincente, lavorando su un atteggiamento centrato su se stessa, attenta al presente, innalzando l’autostima, prefigurando mete realisticamente raggiungibili, adottando un approccio positivo e costruttivo ai suoi allenamenti, imparando ad attendere, a fuggire le avversità e trovare un rimedio.

Ha allenato la sua mente ad essere vincente. Soprattutto Simona ha imparato, grazie alle tecniche messe in pratica dal coaching, a studiare l’ambiente circostante, a valutarlo e testarlo. 

Verso la presa di coscienza

«La corsa è come un campo di sopravvivenza – spiega Alessandro Cianflone – dove bisogna guardarsi intorno e capire cosa fare per non subire l’ambiente e le avversità. In gara vale lo stesso, bisogna studiare l’ambiente, capirlo e affrontarlo, coscienti che potrebbe accadere qualcosa di inaspettato che tuttavia saremo pronti a gestire.»

Simona ha gestito la sua paura, ha capito con che cosa aveva a che fare e come superare questa difficoltà ed è riuscita a mettere un piede dopo l’altro arrivando a correre per 21 km.

Allenare la mente, significa allenarsi a superare le avversità e trovare una via di fuga sicura. Non sempre da soli ci si riesce, un valido mental coach può fare tanto perché è presente e affianca l’atleta nella definizione dell’obiettivo, accompagnandolo nella presa di coscienza delle proprie qualità.

È quel che è successo a Simona, atleta amatoriale, volenterosa di arrivare a chiudere la sua prima mezza maratona, affiancata da un programma di allenamento mirato alle sue qualità, ma costantemente preoccupata di non essere mai all’altezza: Alessandro le ha insegnato che nessuno è mai all’altezza delle proprie aspettative e diventarne consapevole è stato ciò che ha fatto la differenza. Hanno lavorato insieme, lentamente, chilometro dopo chilometro, affrontato dubbi e incertezze, superato criticità e gestito imprevisti.

Sulla linea di partenza alla Mezza maratona di Copenaghen, Simona era sola, con il suo pettorale un po’ storto sulla canotta color rosso sangue, consapevole che il suo unico obiettivo era arrivare a tagliare la finish line per mettersi al collo la medaglia e fare la foto di rito per la dedica sui social al coach e al mental coach: “anche io sono una finisher”.

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