Con l’avvicinarsi dell’estate, ecco in arrivo il tormentone della prova bikini e delle diete fai da te. Non conta se facciano bene o male, se provochino tumori o facciano deperire: l’unica cosa che sembra importare è che permettano di perdere i chili accumulati con panettoni e colombe, rapidamente.
Più e più volte abbiamo messo in guardia contro le diete “a pronto effetto”, che fossero ipocaloriche (lo sono sempre), iperproteiche o basate su digiuni o su una qualche pratica di eliminazione creativa. I danni procurati al metabolismo da questi regimi sono spesso gravi e nello sportivo possono causare grave deplezione muscolare, con conseguente riduzione delle prestazioni.
Chi vuole dimagrire deve farlo lentamente, controllando cosa stia effettivamente perdendo (se grasso, muscolo o acqua) e senza mai perdere di vista quell’equilibrio interno che ci consente di vivere in salute. Ne parliamo su Correre di maggio insieme a Luca Speciani e Lyda Bottino.
EQUILIBRIO CORRETTO La cosa più importante da tenere in considerazione per chi sia intenzionato a dimagrire (cioè a perdere grasso e non muscolo) è la necessità di ritrovare, appunto, un equilibrio interno che non sempre è facile raggiungere quando ci si sta contemporaneamente curando con farmaci o quando si vivono situazioni di malattie croniche. Il medico di segnale deve avere ben chiaro che il dimagrimento vero coincide con un ritorno alla piena salute e che in molti casi non c’è possibile coesistenza tra stato di malattia e naturale processo di perdita di peso.
NON ESSERE INGENUI È necessario qui aprire una piccola parentesi sull’idea comune che l’assunzione permanente di un farmaco in grado di riportare a norma un parametro fuori posto rappresenti di per sé una soluzione del problema. L’industria naturalmente non fa nulla per non farcelo credere. Ma se un atleta ha un tendine usurato e sopprime il dolore con un analgesico o con infiltrazioni di cortisone, non ha certo guarito o riparato il tendine. E se un uomo con la pressione alta a causa della sua alimentazione zeppa di pizza, salumi e formaggi, abbassa i suoi valori con un paio di medicine non ha certo guarito il suo scompenso. Si potrebbero fare mille altri esempi: una tiroide lenta accelerata dalla levotiroxina, un’acne soppressa con la pillola estroprogestinica, un reflusso deacidificato con un gastroprotettore, una cefalea tamponata con un analgesico: tutti interventi che sopprimono il sintomo, spegnendo la sirena dell’allarme quando i ladri sono ancora in casa. E i ladri razzieranno tutto in tranquillità.
PATOLOGIE E PERDITA DI PESO Quando un paziente, sportivo o meno che sia, chiede di dimagrire bisogna prima di tutto analizzare in dettaglio quale sia la sua situazione patologica in essere e quali farmaci stia eventualmente assumendo. Ce ne sono molti, infatti, che non consentono o impediscono il riequilibrio ipotalamico da noi perseguito. In alcuni casi questo avviene a causa degli effetti collaterali di alcuni farmaci (marcatamente squilibranti), in altri si tratta di conseguenze indirette, più sfumate, che sono comunque in grado di alterare il processo. Ad esempio: che cortisonici e antistaminici, molto utilizzati per contrastare allergie e patologie autoimmuni, impediscano il dimagrimento, così come tranquillanti, sedativi e antidepressivi, è abbastanza noto. È invece magari meno risaputo che un analogo effetto ingrassante possa essere conseguenza dell’uso di antibiotici, di analgesici, di gastroprotettori, di antipertensivi, di statine, di protettori della prostata e addirittura di terapie sostitutive per la tiroide, da sempre ritenute dimagranti. È un campo minato, in cui gli interessi commerciali contribuiscono a non divulgare l’esistenza di questi effetti collaterali.