Sono partite in 38, si sono allenate per sei mesi e in 10 sono arrivate a correre la maratona di New York. Alcune di loro erano principianti, altre avevano un po’ di pratica nelle gambe, tutte condividevano lo stesso passato segnato dal tumore al seno.
Sono tornate dalla Grande Mela stringendo una medaglia che è l’orgoglioso simbolo di un enorme lavoro fatto su stesse. Per testimoniare che #NothingStopsPink, niente ferma le donne.
Nothing Stops Pink è il progetto firmato da Fondazione Umberto Veronesi e Rosa&Associati per promuovere il movimento e la corsa come forma di prevenzione al tumore.
Su Correre di gennaio abbiamo presentato l’iniziativa, sul numero di febbraio diamo parola alle protagoniste.
Il racconto della Pink Angela Restelli
Continuo a ripetere a tutto il mondo che io sono una donna fortunata perché la vita mi ha regalato 20 anni dal mio primo intervento al seno destro: quadrantectomia, poi dopo 12 anni mastectomia e poi dopo poco un intervento al polmone destro, me ne è rimasto un pezzetto e poi ancora metastasi alle vertebre lombari.
Insomma, sono una testimonial d.o.c. per #NOTHINGstopsPINK ma quando ho risposto con una mail alla Fondazione Veronesi, mi sollecitava l’idea di poter incontrare e scambiare esperienze di vita con donne che avevano in comune il mio stesso problema.
Correre con loro mi avrebbe fatto sentire meno la fatica, intendo fisica e soprattutto psicologica, perché ero convinta che, se non fossi passata da quella, sarebbe stato ancora più difficile arrivare al traguardo e poter dire:“ce l’ho fatta”.
Ho sempre considerato la maratona lo specchio e la metafora della vita. Infatti da sempre, quando corro, mi sento me stessa con le mie forze, le mie debolezze, il mio fiato corto, le mie energie che riesco sempre a trovare da qualche parte per superare gli ostacoli e soprattutto non devo dimostrare nulla a nessuno.
A New York ho corso per tutte le donne che in questo periodo hanno da poco subito o stanno affrontando un intervento al seno o sono sottoposte a chemioterapie e che si sono sentite violate nel profondo della loro femminilità, perché si sta male, si vomita, ci si gonfia per il cortisone, ci si ritrova in breve a guardarsi allo specchio senza capelli, si perde il gusto per un piatto di spaghetti che in altri tempi sarebbe stato gustosissimo.
A New York volevo arrivare al traguardo per essere ancora più convincente, perché il messaggio fosse ancora più forte e chiaro: incoraggiare le donne a non avere paura, a non piangersi addosso continuamente, a non chiudersi in se stesse, perché la ricerca scientifica in questi anni ha fatto passi da gigante e in maniera esponenziale ha raggiunto grandissimi risultati.
Coraggio, un passo alla volta, un pezzetto alla volta, giorno dopo giorno.
Quando sono entrata a Central Park, ero raggiante. Dopo 35 km ero ancora in mezzo ad una fiumana di gente, ho aperto ancora di più i pori della mia pelle, gli occhi, il cuore ed erano proprio il tifo, la musica, i canti, i tamburi a farmi aumentare ulteriormente il ritmo della corsa.
Le gambe andavano da sole, io sentivo il mio cuore battere forte forte dall’emozione, più incrociavo gli sguardi delle persone più aumentavano i sorrisi e gli applausi ancora più appassionati. Devo dire che il pubblico è numerosissimo, speciale, fantastico e spettacolare!!!
A quel punto sapevo che ce l’avrei fatta.
Ho superato il traguardo affaticata e con tante lacrime di felicità perché avevo la certezza di aver vinto una sfida durissima e che da quel momento ci sarebbe stato un nuovo inizio, un nuovo progetto, una nuova strada e nuovi incontri.
Tutte le pink hanno raggiunto il traguardo nessuna esclusa e io non ne avevo mai avuto dubbio e ora sono orgogliosissima di passare il testimone ad un’altra donna pronta ad affrontare questa meravigliosa avventura a correre nella vita ad occhi aperti!
Passeranno giorni, mesi dalla maratona di New York, ma io starò correndo e volando…ancora!