Massimo Varini, chitarrista e runner

Massimo Varini, chitarrista e runner

06 Agosto, 2020
Jader Consolini

Musica e corsa si incontrano spesso sulle pagine di Correre. Sul numero di agosto, ad esempio, si può conoscere la storia di Massimo Varini, chitarrista di grandi nomi della musica italiana (da Biagio Antonacci a Laura Pausini, fino a Mina e a Fossati), ma anche produttore, autore e pioniere della didattica della musica in rete. E maratoneta.

Massimo Varini ha cinquant’anni e vive a Carpi (MO). La musica è la sua vita: ha suonato la chitarra elettrica nelle band e negli album di Biagio Antonacci, con il quale vanta una lunga collaborazione, Laura Pausini – portandosi a casa anche dei Grammy -, Andrea Bocelli, Mina, Vasco Rossi, Ivano Fossati e molti altri nomi del panorama musicale italiano degli ultimi trent’anni. Da autore, produttore e arrangiatore, ha lavorato dietro le quinte di alcuni dei più grandi successi di Nek – tra cui il tormentone Laura non c’è, di cui è autore – e nel 2008 vinse un Festival di Sanremo con la produzione del brano Colpo di fulmine, interpretato da Lola Ponce e Giò di Tonno.

È inoltre uno dei docenti di chitarra maggiormente conosciuti in Italia. Ha scritto molti manuali ed è stato anche un pioniere della didattica online, caricando già nel 2006 delle lezioni video su Youtube, quando il sito era appena sbarcato in Italia. Oggi, tra i mille progetti che da sempre porta avanti, suona soprattutto la chitarra acustica e ha una sua linea di strumenti che ha lanciato con Eko Guitar, l’unico marchio del tutto made in Italy; nel 2015 ha inoltre ideato la piattaforma di e-learning Laboratorio Musicale Varini, che oggi è una realtà florida.

La passione per la corsa

Il 2015 è stato anche l’anno in cui Massimo Varini ha ripreso una passione emersa quando era ragazzino e che poi aveva abbandonato in nome della musica: quella per il running. Intervistato da Chiara Collivignarelli, Massimo ha raccontato ai lettori di Correre cosa sia la corsa nella sua vita.

«Sono nato e vivo e Carpi e, come tutti qui, sono cresciuto con il mito della maratona e di Dorando Pietri (cui ha anche dedicato un brano strumentale, ndr). Da ragazzino partecipavo sia a gare di pesca sportiva sia a un po’ di corse non competitive. Riuscire a completare la distanza dei 42,195 km era uno dei miei sogni, ma ero sempre stato impegnato a portare avanti e consolidare il mio percorso in ambito musicale. A 45 anni, un po’ per restare in forma e in salute, anche pensando ai miei 3 figli, un po’ perché avevo finalmente un po’ di tempo in più dopo anni passati a viaggiare per concerti, ho ripreso a correre. Ho finito la mia prima maratona a Reggio Emilia. Ho un personale di 3:21’ e corro 4 o 5 volte la settimana, solo per sentirmi bene con me stesso. Per prepararmi ho letto molti libri e articoli, ho studiato con metodo e mi sono appassionato anche ai temi dell’alimentazione.»

La corsa la aiuta nel suo lavoro, nell’avere idee?

«Sempre. Il movimento aiuta moltissimo il processo creativo. Se ci pensa, è un meccanismo più che mai naturale: correre aumenta il battito cardiaco, di conseguenza tutto “circola” molto più facilmente. Si tratta di un processo fisiologico. Gli appunti del mio libro li ho stesi mentalmente durante i lunghi.»

Un manuale in forma di autobiografia

Il libro realizzato da Varini si intitola Come la pastura per il pescatore e il vento per l’aquilone. Un volume sì autobiografico, ma che soprattutto illustra un metodo efficace, originale e concreto per pianificare i propri obiettivi. Senza promettere ricette miracolose, ma con consigli validi per ottimizzare il proprio tempo e trovare la direzione corretta per avere dei risultati gratificanti, nella vita come nel lavoro. Anche contro le difficoltà. E quelle che l’autore ha dovuto affrontare e superare non sono poche, a dispetto della carriera dorata che oggi può vantare.

Nelle pagine del libro lei approfondisce il tema dell’ego, tipico degli artisti, ma anche, in maniera molto onesta e sincera, quello dell’umiltà. Che cosa rappresenta per lei questo concetto?

«L’umiltà dovrebbe essere la condizione necessaria per vivere e crescere. Non umiltà nel senso del sottostimarsi, è indispensabile credere in sé stessi e perseguire i propri scopi, nel modo corretto. Si tratta secondo me più che alto di avere rispetto degli altri e delle loro competenze. Vivendo da sempre accanto a personaggi famosi, mi sono reso conto che le loro parole possono avere peso in qualsiasi ambito. Io sono un musicista, un docente e posso trasmettere le mie conoscenze a qualcuno. Però, a mia volta e nonostante la mia esperienza, posso imparare sempre e da tutti, nessuno escluso. Ultimamente ad esempio mi sono fissato con l’antennistica. Ecco, dall’antennista che l’altro giorno è salito sul tetto di casa mia per migliorare tutte le varie connessioni ho imparato qualcosa di nuovo, che mi resterà per il futuro.»

Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Che il vento sia a favore o contrario”, di Chiara Collivignarelli, pubblicato su Correre n. 430, agosto 2020 (in edicola da inizio mese), alle pagine 56-59.

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