C’è stato oltre un decennio nel secolo scorso dalla metà degli anni Ottanta, quando l’Italia in maratona mieteva in continuazione allori. Una sorta di età dell’oro dei km 42,195, misura magica dello sconfinato mondo dei maratoneti. All’epoca e per certi versi ancora oggi “la maratona” è considerata quella di New York. L’Italia nel corso di quel decennio abbondante ha incassato ben 4 vittorie: Orlando Pizzolato 2 volte, Gianni Poli (anni ’80), Giacomo Leone e Franca Fiacconi (’90). Abbiamo sentito i loro ricordi andando a ritroso nel tempo.
Franca Fiacconi e l’energia di New York
Franca Fiacconi, prima nel ’98 in 2h25’17”. Quante volte avrà corso la maratona a New York?
“Che ne so, dice ridendo la romana, tra quelle da professionista e quelle da amatore, almeno una ventina di volte…Ho corso nel 2001 dopo l’attentato alle Torri Gemelle, nel 2012 quando annullarono la gara per l’urgano Sandy e ci ritrovammo tutti a Central Park a correre insieme. L’ultima volta nel 2019 chiusa in 3h10’. Vinsi nel ’98 battendo Tegla Loroupe. Arrivai negli Usa molto carica, la medaglia di legno agli Europei di Budapest non l’avevo digerita, sapevo che la keniana soffriva le salite, l’attacco partì all’inizio di Central Park e andò bene. Perché New York? È una metropoli che esprime energia, appena posso ci vado”.
Giacomo Leone, una gara di attesa
Giacomo Leone. La sua vittoria 25 anni fa in 2h09’54”.
Maratona che andò a sprazzi in diretta Tv sul canale Rai che trasmetteva “Domenica in”. Parole di Giacomino, ora presidente del C. R. Puglia della Fidal. “La mia fu una gara di attesa, dopo il Queensboro Bridge, all’ingresso della First Avenue, lunga 5km corsi un 3000 cronometrato in 8’32”, mi liberai di Baldini e Barzagli che erano al comando con me, oltre all’africano Tumo Turbo e al messicano Espinoza, poi all’inizio di Central Park sono rimasto da solo. Una vittoria che mi ha cambiato totalmente la vita. Sul traguardo ero addirittura incredulo di cosa avevo combinato. La gara è durissima, il pubblico è un fattore determinante, ti incita con un boato continuo che ti entra nelle orecchie. Ho fatto molte maratone, di certe non ricordo nulla di New York ogni passo!
Gianni Poli, a New York la svolta della vita
Gianni Poli vincitore nella Big Apple nel 1986 con 2h09’57”.
Un fiume in piena il Gianni da Lumezzane che conserva ancora un fisico da maratoneta. “C’era molto umidità quel giorno, mentre ci portavano al Ponte di Verrazzano le strade erano bagnate”. Così le prime parole del racconto del bresciano. “In quattro in testa passammo alla mezza maratona: io, Pizzolato, De Castella, favorito, aveva vinto a Boston e ibrahim Hussein, keniano. La sfida era tra me e Orlando. In Italia era nato una specie di dualismo tra il sottoscritto e il vincitore delle due edizioni precedenti, alimentata dalla stampa sportiva e qualche volta anche in Tv, alla Domenica Sportiva (altre epoche…). In un’occasione dissi a Orlando: “Ci vediamo a New York”. Come a Pizzolato, il successo mi cambiò la vita, arrivarono sponsor, un manager, ingaggi per le corse su strada. Quel giorno a New York ci fu per la prima volta la diretta Tv, mi intervistò l’ex miler Marty Liquori, risposi un po’ in italiano e un po’ in inglese. La “Grande Mela” l’ho sbocconcellata 4 volte, l’ultima a chiusura della mia attività agonistica nel ’97, poi da amatore nel 2001, l’anno maledetto delle “Torri Gemelle”. Nel 1986 quando ritornai a Lumezzane, non subito restai qualche giorno negli Usa, allestirono una grande festa”.
Orlando Pizzolato, il precursore
E arriviamo a Orlando Pizzolato. Lui è stato il precursore, non il primo certamente, a fine anni ’70 volarono negli Usa, Marco Marchei e Franco Ambrosioni, furono i primi pionieri, ma con il successo dell’allievo di Giampaolo Lenzi, New York divenne celeberrima anche dalle nostre parti. Attraversare l’Oceano da allora, sino ai giorni nostri, resta uno dei punti fermi della corsa su strada nel mondo, aperta a tutti. Orlando vinse la prima volta nel 1984 in 2h14’53”.
“Faceva un gran caldo quel giorno, clima nebbioso alla partenza non si vedevano le arcate del ponte, si correva a fine ottobre, esattamente il 28, c’erano 26º e un’eccessiva umidità. Nel finale quando ero già al comando mi sono fermato sei volte, ogni miglio dopo il ventesimo. Un dolce calvario. L’anno successivo, era favorito Ahmed Saleh, che aveva vinto la Coppa del Mondo a Hiroshima, sulla carta non potevo competere con lui, però sbagliò l’approccio con un passaggio a metà gara troppo veloce, l’ho raggiunto al 38ª km chiudendo vincitore in 2h11’34”, anche quella gara si disputò a ottobre il 27, passarono a novembre l’anno successivo. Con la maratona ho consolidato un rapporto dal 1988, come atleta, ho corso 6 volte: ’82 (ritirato), 83’ (23º), due vittorie nei due anni successivi, 3º nell’86, 6º nell’87 e nel 2010 ho corso ancora in 2h52! Un ricordo particolare? Certo. Un uomo Fred Lebow, indimenticabile organizzatore, con il mitico cappellino, l’ideatore, il propugnatore della maratona per tutti, in seguito alla sua scomparsa il bastone del comando è passato ad Alan Steinfeld, dopo di lui è cambiato tutto.
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