Domenica 7 novembre si corre la 50ª edizione della maratona di New York, con un anno di ritardo a causa della pandemia. Solo 30.000 al via, rispetto al record 2019 (53.639 finisher). Prima del default del 3 ottobre, gli italiani iscritti erano circa 1.700, ma ammontavano a circa 3.000 prima del rinvio del 2020. Un centinaio saranno al via, tra titolari di permesso “NIE”, residenti negli USA o nei Paesi della “green list”. Ironia della sorte: il divieto di viaggio dall’Europa verso gli USA scadrà proprio domenica 7 novembre.
Finalmente al via! Domenica 7 novembre si corre la 50ª edizione della New York City Marathon, un anno dopo rispetto alla data prevista per l’anniversario, il primo novembre 2020.
“Finalmente al via” vale “per molti, ma non per tutti”: i partecipanti sono stati ridotti a 30.000 su richiesta dell’amministrazione cittadina del sindaco uscente Bill de Blasio (dal primo gennaio gli subentrerà Eric Adams, secondo afroamericano alla guida della Grande Mela, eletto martedì 2 novembre, ndr). Niente record di partecipazione quindi, come sperato a lungo dall’organizzazione del New York Road Runners Club. Il record degli arrivati rimane proprio quello del 2019: 53.639 finisher su 54.118 concorrenti al via, la maratona con la più alta partecipazione di sempre.
1.700 gli italiani che si erano iscritti, circa 3.000 nel 2020
“Finalmente al via”, infine, non vale per la quasi totalità degli italiani che si erano iscritti: circa 1.700 maratoneti in totale, con altri 800 accompagnatori, in base alle cifre ottenute da Correre.it sommando le iscrizioni ricevute dalle agenzie specializzate nel turismo legato al running: Born to Run, Effetto Sport, Ovunque Running, Terramia e Victory. Il numero dei nostri connazionali, però, era addirittura superiore l’anno scorso: prima del rinvio dell’edizione 2020, le adesioni raccolte dai tour operator italiani portavano a totali di 2.900 maratoneti e 1.500 accompagnatori.

«Questa cinquantesima edizione della maratona di New York aveva esercitato un grande fascino sui corridori italiani – ha spiegato Antonio Baldisserotto (nella foto), fondatore e presidente dell’agenzia Terramia, in un’intervista pubblicata su Correre di novembre -. Appena avrò tempo, sono curioso di fare un confronto con il nostro record storico, per capire se sarebbe stato o meno superato: parlo delle oltre 3.000 presenze di concorrenti Terramia alla maratona di New York del 1992, collegata alle Colombiadi, le celebrazioni per i 500 anni dalla scoperta dell’America.»
Solo un centinaio gli italiani al via
Il “media guide” della maratona di New York quest’anno si guarda bene dall’elencare in bella vista i gruppi stranieri più numerosi, classifica che ha visto l’Italia spesso vincere o comunque salire sul podio, lottando soprattutto con olandesi e giapponesi. Correre.it ha contato circa un centinaio di italiani ancora iscritti a questa edizione 2021. Ecco di chi si tratta:
• italiani residenti negli Stati Uniti;
• italiani residenti in Paesi della “green list” statunitense, Nazioni, cioè, escluse dai “Travel Ban”, i divieti di viaggio verso gli Stati Uniti, che hanno colpito soprattutto l’area Schengen;
• italiani che, pur di poter partecipare alla maratona, avranno svolto la prevista quarantena di 14 giorni in un albergo di un Paese della “Green list” e che avranno poi effettuato un tampone a 48 (rapido) o 72 ore (molecolare) prima di partire per New York. Il Paese più gettonato per questa trafila risulta essere la vicina Croazia;

(Correre di novembre)
• italiani possessori di NIE (National Interest of Exception), il permesso accordato a titolo individuale a chi deve lavorare o curarsi negli USA. «È stata questa la strada per portare, ad esempio, Eyob Faniel, al via di New York – precisa su Correre di novembre Marcello Magnani, manager del primatista italiano di maratona e mezza maratona -, ma non solo: anche i nostri atleti che hanno partecipato ai meeting su pista statunitensi, come quello di Eugene dopo Tokyo 2020, disponevano di un NIE, associato al visto d’ingresso per lavoro. Da tempo è questa la formula che viene adottata dagli sportivi professionisti, manager inclusi, per l’ingresso negli USA.»
Rewind: ecco com’è andata
• È il 20 marzo 2020 quando il Presidente USA, Donald Trump, emette la cosiddetta pronunciation, di fatto un decreto che costituzionalmente ha molto in comune col “decreto legge” che è nei poteri del nostro Governo. Il contenuto è il cosiddetto “Travel ban”, divieto di volo che riguarda tutti i 26 Paesi europei inclusi nell’area Schengen. L’obiettivo è quello di impedire l’ingresso negli USA dei cittadini provenienti dalla zona del mondo in quel momento più colpita dal Covid-19.
• Nel gennaio 2021 il divieto viene prorogato dal neo-presidente Biden, che nella campagna elettorale aveva messo la lotta al virus al centro del programma.
• A fine agosto 2021 la maratona di Chicago (10 ottobre) è la prima delle “major” statunitensi ad annunciare l’obbligatorietà della vaccinazione per i partecipanti e subito dopo a mandare agli iscritti provenienti dall’area Schengen la proposta di rimborso.
• Sulla pagina italiana del sito usvisa.com, dal quale si accede alle procedure di ottenimento del visto di ingresso negli USA, era comparso già dall’inizio dell’anno il seguente messaggio: “L’Ambasciata e i Consolati degli Stati Uniti in Italia non sono al momento in grado di riprendere i servizi di visto ordinari per immigrati e non immigrati. Riprenderemo tali servizi il prima possibile ma non siamo in grado di fornire una data specifica.”

• A fine settembre, invece, appare e rimane a lungo visibile sulla stessa pagina un promettente pop-up: “il divieto d’ingresso dall’area Schengen verrà ritirato nel mese di novembre”.
• domenica 3 ottobre per i maratoneti italiani è il giorno del default: «Era quella la scadenza fissata dall’organizzazione entro la quale accettare la loro proposta di rimborso: la restituzione del 50% del costo dell’iscrizione 2021 o lo sconto del 50% sul “pettorale” del 2022 – spiega ancora Baldisserotto su Correre di novembre -. Anche se quel “novembre” del messaggio si fosse tradotto, per ipotesi, già nel primo giorno del mese, sarebbe stato comunque tardi. Una cosa è dire “OK, potete entrare”, un’altra, molto più complicata, è mettere a punto in poco tempo le procedure di controllo al momento dell’ingresso e far sapere con certezza ai malcapitati poliziotti di servizio in aeroporto “cosa fare con chi”. Tra area Schengen e altre nazioni escluse dall’ingresso negli Stati Uniti, infatti, si arrivava in quei giorni a un totale di 37 Paesi esclusi, 37 Paesi ognuno con la propria documentazione di avvenuta vaccinazione: noi con il green pass, altri con differenti tipi di documenti.»
• domenica 7 novembre, per ironia della sorte, è anche l’ultimo giorno di “travel ban” per l’area Schengen: da lunedì 8 novembre per i cittadini europei si riapre la possibilità di andare negli USA!
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