I successi non arrivano per caso. E nemmeno subito. Lo devono sapere bene Stefano La Rosa e Claudio Panozzo, insieme dal lontano 1998, quando Stefano frequentava ancora la seconda media. Un binomio vincente, quello fra il fondista grossetano che compirà i 30 anni il prossimo 28 settembre e il suo coach, come testimoniano gli 8 titoli di Campione italiano, le 21 presenze in Nazionale assoluta, il recente ottavo posto ai Campionati europei di Zurigo e, soprattutto, il positivo esordio in maratona, lo scorso primo marzo a Treviso.
Su Correre di aprile è Giorgio Rondelli che approfondisce questo proficuo rapporto attraverso un’interessante intervista che tocca tutti gli aspetti della preparazione per la maratona. Eccone un estratto. Nel numero in edicola troverete inoltre le relative tabelle di allenamento.
Quando e come è nata l’idea di allenarsi per la maratona?
«Alla fine dell’estate scorsa, dopo i Campionati europei di Zurigo e alla luce di alcune considerazioni oggettive. Stefano, in pista, aveva ormai margini di crescita limitati, anche perché i 10.000 m, la gara in cui avrebbe potuto esprimere tutto il suo potenziale, gli sono sempre risultati ostici sotto l’aspetto psicologico. Non tutti digeriscono bene 25 giri in pista. Inoltre nelle corse su strada si era sempre espresso molto bene, quindi perché non tentare?»
Quali sono stati i maggiori problemi da risolvere per affrontare la gara d’esordio?
«Soprattutto quelli di natura biomeccanica. Stefano aveva una falcata troppo ampia e dispendiosa, tipica di una carriera sinora legata alla pista. Abbiamo dovuto lavorare per arrivare a una corsa economica, che comportasse la minor spesa energetica possibile, indispensabili per affrontare una gara lunga 42,195 km. Dovevamo cercare di ridurre l’ampiezza della falcata velocizzando le frequenze di appoggio.
Che chilometraggi avete raggiunto durante le varie fasi di preparazione?
«Siamo partiti con chilometraggi ridotti di 120/140/160/180 km alla settimana, per arrivare a superare il muro dei 200 nelle due settimane di maggior carico. Le sedute settimanali sono state 12: niente doppi il giovedì e la domenica pomeriggio.»
C’è un allenamento in particolare che ritieni essere stato vincente?
«Non uno in particolare, perché per fare bene nella maratona bisogna lavorare al top in tutte le direzioni. Certamente il doppio giornaliero di qualità sui ritmi gara, con 14 km al mattino seguiti da un pasto ipoglucidico e poi altri 12 o 14 km al pomeriggio, ci hanno dato fiducia di essere sulla buona strada, vista la facilità con cui Stefano li portava a termine con crono eccellenti.»