Gianmarco Tamberi domina il salto in alto sia tecnicamente sia dal punto di vista della personalità. Ora le medaglio d’oro azzurre sono due, le stesse di Tokyo 2020 (Jacobs e Tamberi). Nel taccuino anche la prova straordinaria del giovane Pietro Arese nei 1.500 m (quarto), il quinto posto di Larissa Iapichino nel lungo e il rientro di Nadia Battocletti nei 5.000 m (settima).
Per scaramanzia nessuno lo dice, ma tutti lo pensano. Assente Antonella Palmisano, per imitare Tokyo mancano l’oro di Stano (marcia, sabato) e quello della 4×100 (domenica). Intanto, con due giorni di ritardo, Gianmarco Tamberi ha raggiunto il suo amico Marcel Jacobs sul gradino più alto del podio europeo.
«Gara difficilissima: quando ho visto che cominciava a piovere già nel riscaldamento, mi sono detto: “Qua la faccenda si complica”. Come si sa, punto tutto sulla velocità di esecuzione e questo aumenta la possibilità di scivolare, se la pista è bagnata.
Era l’ultima gara importante dell’anno: dopo le difficoltà che ho avuto, sono davvero felicissimo. I salti più belli che ho fatto, li ho fatti con la maglia dell’Italia: c’è qualcosa di magico in questa divisa. La vittoria di questa sera è la dimostrazione del fatto che occorre tenere duro nei momenti difficili, e quest’anno di momenti difficili ce ne sono stati tanti: l’infortunio alla coscia, i problemi con mio padre, il Covid dopo i Mondiali di Eugene …»
Della serata resterà nella memoria il gesto dell’anello infilato al dito alla fine del salto vincente: «Tra due settimane Chiara e io ci sposeremo. Chiara è la donna della mia vita, quella che mi garantisce l’equilibrio di cui ho bisogno».
A proposito del padre-allenatore e del loro rapporto tecnico che Gimbo aveva annunciato a inizio estate di voler interrompere, nessun chiarimento: «Non c’è più stato tempo per parlarne e comunque era giusto che questa medaglia la conquistasse anche lui, come tutto lo staff che mi segue. Ne rifletteremo insieme con calma. Non certo ora: adesso mi devo preparare per domani, ho l’addio al celibato!»
Il coraggio di Arese, quarto italiano di sempre
Gara di testa da parte del giovane Pietro Arese (nato l’8 ottobre 1999), che a 22 anni non ancora compiuti si è mosso in gara da navigato frequentatore dei 1.500 m, la distanza più complessa del mezzofondo, dal punto di vista tattico. Alle spalle dell’inarrivabile fenomeno norvegese Jakob Ingebrigtsen, Arese è però rimasto sempre nel quartetto dei più immediati inseguitori e, dopo il passaggio ai 1.000 m in 2’23”, ha avuto una leggera flessione quando mancavano 250 metri all’arrivo, ma si è ripreso all’inizio dell’ultima curva ed è arrivato a meno di due metri dal terzo, il quotato spagnolo Mario Garcia: 3’34”88 contro i 3’35”00 di Arese, primato personale.
«Sulla mia gara non posso dire niente – ha commentato Arese -: si tratta del mio miglior risultato di sempre. Questo potevo e questo ho fatto. Certo, è un peccato per quei due metri che mi sono mancati per il bronzo, ma mi piace ricordare che sono arrivato qua con il 23° tempo e anche che questa è una delle finali più difficili di sempre: già ai Mondiali di Eugene i primi cinque erano europei.»
«Per me questo è un anno di salto di qualità: se i criteri non sono cambiati, questo 3’35” vale per l’accesso ai mondiali indoor del prossimo anno.»
Nella storia – Pietro Arese è il quarto italiano di sempre ed erano trent’anni che nessun italiano correva così forte.
Lo conferma la lista italiana all time dei 1.500 metri:
3’32”78 Gennaro Di Napoli, 9 settembre 1990, Rieti;
3’34’57” Stefano Mei, 7 settembre 1986, Rieti;
3’34”61 Davide Tirelli, 15 luglio 1992, Nizza;
3’35”00 Pietro Arese, 18 agosto 2022, Monaco di Baviera.
Larissa Iapichino, quinta: “contenta, ma non soddisfatta”
«Sono contenta perché è stata una gara molto difficile: quando siamo entrate nel campo di riscaldamento ha cominciato a diluviare; ci hanno fermato e a lungo abbiamo atteso senza sapere quando avremmo ripreso, ma sono esperienze che servono. Ho lottato fino all’ultimo centimetro, ma all’ultimo salto non avevo più energie. Diciamo che mi sono confermata. Sono contenta, ma al tempo stesso non mi accontento mai! Ho avuto un periodo difficile a livello personale, ma ho vent’anni e sto crescendo.»
Nadia Battocletti, settima
«Esser qui è già un onore per me: dopo l’infortunio di maggio la stagione era praticamente da buttare. Sono arrivata qui con cinque sole settimane di allenamento e un test pre-gara. Sono felice, perché ho lottato fino alla fine. La stagione non finisce qui.»
Dalia Kaddari, in finale nei 200 m: «Strafelice di essere in finale, lo volevo tanto. Mi sono piaciuta nella seconda parte, un po’ meno nella curva.»