Il 21 agosto 2013, il catalano Kilian Jornet, partendo da Cervinia, in 2:52’02” stabilisce il nuovo record di salita e discesa del Cervino, detenuto dal 1995 dal valdostano Bruno Brunod. Sulla montagna più bella del mondo Kilian ha tenuto una media di 1.277 m D+ (milleduecento metri di dislivello positivo) all’ora, in salita, e 2.645 m D-, all’ora, in discesa. L’impresa alpinistica, affrontata in pantaloncini, maglietta, antivento, guanti in pelle e 3 gel, non rispetta esattamente i dettami del Club Alpino Italiano, ma rappresenta per molti l’icona di un modo diverso di andare in montagna.
Il 16 luglio 2015, l’italiano Marco de Gasperi, 5 volte campione del mondo di corsa in montagna, partendo da Courmayeur, in 6:43’52” stabilisce il nuovo record di salita e discesa del Monte Bianco (versante italiano) detenuto dal 1995 da Fabio Meraldi. Il valtellinese, partendo alle 4:30 del mattino dalla chiesetta di Courmayeur, ha percorso 51,8 km e 3.750 m D+ per coronare la sua impresa.
Il 16 Novembre 2015, l’elvetico Ueli Steck, l’alpinista più veloce del mondo, riconquista il record di salita sulla nord dell’Eiger impiegando solamente 2:22’52”.
Queste 3 imprese possono all’apparenza sembrare fine a se stesse, la massima esaltazione di un campione che vuole misurarsi con un obiettivo estremamente difficile da raggiungere, ma dietro a questi record c’è qualcosa di più, molto di più. Qualcosa che lega le loro imprese alla storia interrotta 20 anni fa da due grandi uomini: Fabio e Bruno. In quegli anni nasceva lo skyrunning, adesso il “fast hiking” o “alpine running”. Per comprendere meglio questa affermazione bisogna ripercorrere gli ultimi anni di storia della corsa outdoor.
Una storia ripecorsa da Luca Revelli su Correre di febbraio.