Cervello e corsa: cosa dice la scienza

Cervello e corsa: cosa dice la scienza

Foto 123rf

Cervello e corsa: una connessione sorprendente

Definiamo la cosa piuttosto stupefacente. Di solito, non consideriamo la corsa come un’attività ad alto contenuto cognitivo, come potrebbe essere invece il fatto di suonare uno strumento. Normalmente reputiamo che il running sia un’attività ripetitiva e piuttosto semplice, di gran lunga meno “cerebrale” rispetto all’eseguire musica, o a leggere un libro o una rivista. Invece, scopriamo ora, non è così.

A quanto sembra correre implica l’uso di abilità di orientamento e di “navigazione” estremamente complesse: occorre pianificare e monitorare costantemente il percorso (con riflessioni tipo “Qui non conviene attraversare, meglio più avanti”), ispezionare l’ambiente, confrontare memorie di corse e competizioni passate con la situazione attuale (“Non era mica qui che mi ha rincorso un cane l’altra volta?”).

Tutte queste informazioni si coordinano con il network cerebrale che si occupa di predisporre e collegare l’attività motoria in atto. Ma anche altre funzioni cognitive vengono implicate dal correre: come la capacità di spostare l’attenzione continuamente dall’ambiente interno a quello esterno (“Dovrei prendere il concorrente davanti, però sto facendo troppa fatica”), o la cosiddetta working memory (“Devo ricordarmi tra poco di girare a destra”).

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