“L’atletica mi ha dato tutto: un modo di vivere che non avrei potuto provare con nessun altra esperienza“. Con queste parole Stefano Mei, campione europeo sui 10.000 nell’86, oggi a Milano ha presentato ufficialmente la sua candidatura a Presidente della Fidal.
Mei ha vissuto per 20 anni l’atletica attiva, iniziando nel 76 con gli studenteschi per smettere nel ’96. “Questo modo di vivere mi tornerà utile qualora fossi eletto“. E’ poi stato consigliere regionale Fidal Liguria ed ha via via scalato i vertici dirigenziali. “La candidatura non è stata mia idea, ma del gruppo di cui facevo parte, uscito sconfitto 4 anni fa – ha spiegato – Le fila si sono ingrossate quando la dirigenza Giomi ha iniziato a dare segni di cedimento“.
“Voglio essere il capitano di una squadra forte, l’uomo solo al comando fallisce. Il Presidente deve essere al servizio di una squadra che collabora con lui. Il mio programma conta pochi punti ma tutti raggiungibili, da domani inzierò a girare per l’Italia: dal territorio dovranno giungere input“.
“Più che consensi cercherò condivisione. Il Centro Studi e ricerca ad esempio è da rilanciare, anni fa i nostri tecnici erano i migliori. Dobbiamo ricordarci di cosa siamo stati e di cosa vorremo tornare a essere in futuro. Rivalutiamo il passato per garantirci un futuro. Anche la nostra comunicazione dovrà andare in questo senso“.
Riguardo al recente flop olimpico e alle poche medaglie nel panorama delle competizioni internazionali: “Le poche medaglie non sono una colpa dei tecnici di periferia, che lavorano bene, ma della struttura coordinativa centrale. Rispetto al passato e ad altre nazioni europee abbiamo perso il primato tecnico“.
Deciso sul tema doping: “Sullo sport pulito non mi deve insegnare niente nessuno. Mai ricorso ad emotrasfusione anche quando non era formalmente illegale. Chi viene beccato positivo o manca tre controlli perderà gli aiuti della federazione. Sandro Donati è un mio amico“.