Sono partite in 38, si sono allenate per sei mesi e in 10 sono arrivate a correre la maratona di New York. Alcune di loro erano principianti, altre avevano un po’ di pratica nelle gambe, tutte condividevano lo stesso passato segnato dal tumore al seno.
Sono tornate dalla Grande Mela stringendo una medaglia che è l’orgoglioso simbolo di un enorme lavoro fatto su stesse. Per testimoniare che #NothingStopsPink, niente ferma le donne.
Nothing Stops Pink è il progetto firmato da Fondazione Umberto Veronesi e Rosa&Associati per promuovere il movimento e la corsa come forma di prevenzione al tumore.
Su Correre di gennaio abbiamo presentato l’iniziativa, sul numero di febbraio diamo parola alle protagoniste.
Il racconto della Pink Elena Rota
Tagliare il traguardo a Central Park per me è stata una grande vittoria, i miei due obiettivi per cui avevo sudato nei mesi precedenti li avevo raggiunti. Si, perché io volevo tagliare il traguardo, volevo la medaglia! E anche riuscire a correre durante tutto il percorso.
Il traguardo l’ho diviso con Angela, mia compagna di avventura e ne sono stata felice perché solo insieme siamo riuscite ad arrivare sotto le cinque ore.
Il mio primo pensiero è andato ai miei allenatori che mi hanno dato il meglio per riuscire ad arrivare al traguardo.
E naturalmente anche a Fondazione Veronesi e Rosa &Associati che mi hanno permesso di vivere questa avventura insieme alle mie compagne.
Io sono una principiante come runner, ma sono una ex cestista che ha giocato anche ad alti livelli e a me le sfide sono sempre piaciute, il sudore non mi ha mai fatto paura perché so che il successo viene prima del sudore solo sul dizionario e io ho sempre lottato fino all’ultimo secondo di ogni partita che ho giocato. Per me è stata una sfida con i 42 km e ho vinto Io.
La malattia? E’ stata dura affrontarla nel 2006 e 2010, ma per me è un capitolo chiuso. Sono sicura che la mentalità sportiva (il sacrificio, il sudore, l’umiltà, la pazienza, la caparbietà) mi hanno aiutato moltissimo a reagire, lottare e vincere.