Nepal, 25 Aprile 2015. Un terremoto di 7,9 gradi Richter uccide 9.000 persone e distrugge 800.000 case. Due giorni prima Kilian Jornet, insieme all’amico e alpinista Jordi Tosas e al videomaker Sebastien Montaz, è pronto a partire verso l’Everest e a completare il progetto Summits of My Life. La notizia li sconvolge, ma decidono comunque di partire.
Il viaggio diventa un film e un progetto benefico di raccolta fondi per aiutare la valle più colpita dal sisma: il Langtang. Lo racconta Kilian al nostro inviato a Barcellona Tobia Bordoni, alla première del film. Un canto alla vita e un omaggio alla speranza.
Su Correre di marzo l’intervista completa, ecco
Come nasce questo film?
«È un diario di viaggio su quello che abbiamo vissuto in Nepal, con l’aggiunta di immagini del Langtang del precedente inverno e di qualche anno fa. Io e Jordi Tosas siamo andati ad aiutare e Seb Montaz riprendeva. Al ritorno non sapevamo cosa fare con le riprese e le foto, poi ha preso forma l’idea di poter aiutare il Langtang da qua.»
La maglietta che indossa dice: “We can’t fight nature”.
«È così: la natura è molto più forte dell’uomo. Quando ci si allena, la montagna è il campo di gioco e, se vuole, vince facilmente. Si può solo lottare solo contro se stessi e le proprie paure.»
Ha mai provato paura?
«La paura è imprescindibile, perché diventa la visione dei propri limiti. Ci sono paure infondate e altre che fungono da avviso: bisogna sapere distinguerle.»
Si è mai chiesto cosa spinge tanti runner sulle montagne?
«Sempre più persone vivono nelle città e conducono una vita sedentaria, però l’uomo è un animale e ha bisogno di spazi aperti.»
Quando riposa?
«Se non sono su un aereo o in una città per lavoro, mi risulta impossibile riposare: metto giù il telefono, spengo il pc e vado a correre in montagna. Quando ho dei momenti liberi, cerco la solitudine e il silenzio con un libro.»
La montagna è la cosa più alta o c’è qualcosa in cui credere più in su?
«Ci sono le nuvole, il cielo, la stratosfera e l’universo. Sono una persona pragmatica.»
L’intervista completa a Kilian Jornet su Correre di marzo