È tempo di sfruttare al massimo la relativa quiete del calendario per migliorare l’efficienza “macinando chilometri” con la corsa lenta. Anche a costo di saltare qualche evento nel weekend.
“L’allenamento è la via per migliorare l’efficienza e quindi le prestazioni.” Questa affermazione, banale solo per lettori più frettolosi, faceva bella mostra di sé in un contributo di Orlando Pizzolato ospitato sulle pagine della rivista Correre tempo addietro. “Ogni podista, con variabili molto soggettive, cerca l’aumento della propria capacità fisica, vuoi per correre più velocemente, o per durare di più, o anche semplicemente per sostenere lo sforzo senza morire di fatica e tagliare così il traguardo con il sorriso sulle labbra” – ricordava il nostro più importante allenatore di runner amatoriali.
L’affermazione “più allenamento maggior rendimento” ha ancora oggi una sua validità, fino a quando non si supera la capacità di recupero dell’organismo, entrando in un ambito in cui gli sforzi non portano a un miglioramento, ma a un peggioramento. Difficilmente però un amatore giunge al vertice della parabola delle sollecitazioni. Sempre Pizzolato, in un più recente articolo, ha sottolineato che “La fatica che si genera dalle sedute che gli amatori svolgono, non è dovuta al grado di allenamento, bensì al ridotto livello di efficienza: un maratoneta che percorre 40 km la settimana e sostiene una seduta di 40 km, svolge in una sola occasione uno sforzo pari al 100% del proprio carico settimanale. È quindi comprensibile quanto sia elevato lo sforzo e quali le conseguenze muscolari che ne derivano. Per un maratoneta che percorre 80 km la settimana, la seduta di 40 non è così spacca gambe: il rapporto si dimezza (prima era 1:1, in questo caso è 1:2). Un corridore che in otto giorni totalizza invece 120 km avverte con minori conseguenze e disagi l’impegno di percorrere 40 km tutto d’un fiato. L’investimento su questa distanza vale un terzo del totale del proprio patrimonio chilometrico (rapporto 1:3)”.
Tempo di rinunce: qualche gara in meno
È quindi evidente che a fare più fatica, e soffrire maggiormente, siano sempre i soggetti meno allenati. E non si tratta solo dei disagi avvertiti nel corso dell’impegno: nel “conto-consumi” va calcolato anche lo stress che si espande nel corso delle giornate che seguono. Riferendosi ai danni che un allenamento impegnativo determina, il riequilibrio del livello fisiologico richiede molto più tempo per i meno preparati.
Se l’indirizzo tecnico a cui dirigersi per garantirsi il miglioramento delle prestazioni fosse solo l’aumento del carico, si tratterebbe semplicemente di percorrere più chilometri, e questa rimane comunque la scelta da adottare, perché sostenere allenamenti più lunghi aumenta il patrimonio aerobico. In questo la strada è semplice, magari noiosa nel ripetersi delle sedute (qualche variazione, però, non è vietata), ma i risultati sono pressoché garantiti: nelle prestazioni aerobiche si diventa facoltosi accumulando chilometri su chilometri, come le monetine che da bambini mettevamo nel salvadanaio.
Guardiamoci, però attorno: cosa interrompe questo circolo virtuoso, questo accumulo progressivo di sani chilometri a corsa lenta? Spesso la risposta è: le tentazioni delle corse domenicali che portano a disperdere le occasioni di allenamento. I runner in genere non si allenano ma corrono, trascurando quindi la programmazione. Facciamo attenzione a non sottovalutare questo aspetto: gli effetti fisiologici del lavoro aerobico sono davvero indispensabili per ottimizzare le prestazioni.
Un’occasione da non perdere
A questo punto non si dovrebbe esitare nel percorrere più chilometri, perché si deduce facilmente che ogni sforzo viene tollerato dal corpo con maggior efficacia e il recupero si accorcia.
Ma quando si possono percorrere parecchi chilometri se non nel fine settimana, visto che le giornate infrasettimanali sembrano non poter contenere tutto ciò che vorremmo fare, anche per via delle poche ore di luce? Allenamento e gare sulla bilancia della programmazione non trovano equilibrio, anche se c’è chi i pesi cerca di livellarli ingegnandosi con alterati stratagemmi. Venti chilometri a passo aerobico non possono essere sostituiti con una mezza maratona. Gareggiando per 21 km non si vanno a toccare i tasti dei meccanismi che ora elenchiamo, ma si allena un diverso sistema fisiologico.
Ricordiamo infatti che con la corsa lenta si ottiene:
• l’aumento del volume del cuore, che a ogni contrazione spinge così più sangue verso i muscoli;
• l’accrescimento della rete di capillari, piccolissimi vasi sanguigni che portano sangue alle fibre muscolari;
• l’incremento del numero di mitocondri, le centraline energetiche del lavoro aerobico, nei muscoli;
• l’aumento degli enzimi aerobici, che rendono più efficiente il metabolismo energetico aerobico;
il miglioramento dell’efficienza metabolica: le fibre muscolari perfezionano l’utilizzo degli acidi grassi come fonte energetica a favore così di un risparmio dei carboidrati.
In definitiva, per qualche settimana all’anno si dovrebbe essere atleti e solo in seguito corridori. E questo del cuore dell’inverno (dicembre-gennaio), per molti motivi è il periodo giusto. Dobbiamo riservare dapprima energie all’allenamento, e solo in seguito alle gare. Per alcune domeniche si dovrebbero quindi programmare sedute di corsa lunga lenta, che possono diventare due anche se non si stanno preparando gare lunghe. Correre per tanto tempo porta a rilevanti vantaggi fisici (proprio quelli riportati poche righe sopra), la cui efficienza consente rapidi tempi di recupero.
Un efficace stratagemma utile a sollecitare l’organismo e ad accelerare la rigenerazione fisica è allenarsi consecutivamente per alcuni giorni. Invece di correre a giorni alterni, inserendo così una giornata di riposo, ci si può allenare per due o tre giorni consecutivi e poi riposare per un altro paio. Contrariamente alla regola aritmetica che indica che cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia, nel nostro caso modificare la sequenza delle sedute porta a dei vantaggi sul piano del recupero. In effetti, stressare l’organismo due-tre giorni di seguito determina una sollecitazione più marcata e la sommatoria di stimoli, per il meccanismo della supercompensazione, fa scattare la capacità di reazione del corpo.
Muscoli più forti con il potenziamento
Ed eccoci infine a un nostro “chiodo fisso”: l’aspetto muscolare della corsa, che vediamo ancora trascurato da molti runner. Per migliorare le proprie capacità di recupero, infatti, si deve considerare non solo l’aspetto organico, ma anche il versante muscolare. Una seduta pesante evidenzia più facilmente la stanchezza dei muscoli rispetto all’affaticamento organico, in modo particolare al meno evidente stress ormonale. È più facile che un podista affermi di avere i muscoli indolenziti che le pulsazioni che non salgono.
Agire su questo piano è apparentemente più facile: si devono rafforzare i muscoli con esercitazioni specifiche, meglio se usando sovraccarichi. In pratica, si tratta di andare in palestra e fare i pesi. Muscoli più forti consentono:
a) di correre con una meccanica migliore, quindi a parità di sforzo le falcate sono più ampie;
b) di reggere meglio gli stress determinati dalle forze che si generano nella fase d’impatto dei piedi con il terreno.
Per il podista non abituato ai pesi, il potenziamento muscolare generale deve essere svolto con un carico limitato al 50% del massimale per ogni specifico esercizio.
Per identificare il carico ottimale senza dover fare la prova massimale si prende come riferimento il numero dei lavori da eseguire: il sovraccarico giusto (peso) è quello che consente di fare tecnicamente bene 20 ripetizioni per ogni esercizio, che possono essere eseguite per 2-3 serie. Tra ogni serie il recupero deve essere uguale a quello della durata della prova. I gruppi muscolari da allenare sono quelli maggiormente coinvolti nel gesto della corsa: polpacci, cosce (sia la parte anteriore sia la posteriore), glutei, addominali e anche i dorsali. Si possono compiere anche esercizi per le braccia, oltre agli addominali, nei momenti di recupero tra ogni esercizio (recupero tra le serie). Il recupero tra le varie serie non deve essere in ogni caso superiore ai 2’.