Serve a migliorare il risultato, ma soprattutto a non farsi male. Occorrono allenamenti specifici, tecnica biomeccanica e consapevolezza di tutto ciò che entra in azione nel nostro corpo in questa fase di corsa, dai distretti muscolari al ruolo del cervello, dall’equipaggiamento all’alimentazione.
“È raro vincere un trail per il distacco inflitto in salita, ma è frequente perdere un trail in discesa.” Fulvio Massa apre così il contributo su Correre di novembre, con questa massima che lui stesso ritiene la seconda più gettonata del mondo off-road, dopo l’inarrivabile “Il tempo al chilometro qui non serve a niente”.
Le parti del corpo coinvolte nella corsa in discesa
Nel trail running allenare la discesa è utile per due obiettivi: migliorare la performance e limitare gli infortuni.
“L’abilità nel correre in discesa è legata a diversi fattori, in parte connessi alle caratteristiche personali e in parte dipendenti dall’allenamento e dal bagaglio di esperienza motoria del soggetto – premette Fulvio Massa, che poi passa in rassegna le parti del corpo coinvolte e le nostre caratteristiche attivate in questa fase della corsa off-road: il piede, il sistema osteo-articolare, l’apparato muscolo-tendineo, l’insieme di addominali, dorsali e muscoli obbliqui, l’apparato visivo.
Le insidie del “Doms”
“Sono rari gli infortuni muscolari seri legati alla discesa e la forma di disturbo riscontrata più spesso, soprattutto nei runner poco allenati, è il Doms (delayed onset of muscle soreness), che consiste in un dolore non localizzabile ma distribuito sulle fasce muscolari, a insorgenza tardiva e legato alle sollecitazioni eccentriche tipiche della discesa.” In base all’esperienza di trail coach, Massa individua nel Doms il rischio più frequente della corsa trail in discesa, che , però, afferma, “non deve destare particolari preoccupazioni, perché compare il giorno successivo allo sforzo e spesso si risolve spontaneamente in un tempo variabile tra i 3 e i 10 giorni.
La scelta della traiettoria
In parallelo con l’allenamento e con il potenziamento dei distretti corporei messi in azione, il successo della corsa in discesa dipenderà anche dalla capacità di scegliere la traiettoria ottimale. “Bisogna capire dove l’appoggio è stabile, scivoloso, se un masso è precario e si sposterà sotto il peso del corpo, se la linea di pendenza che abbiamo scelto è adeguata alle nostre esigenze – spiega Massa -. Queste capacità generalmente sono ben sviluppate nei praticanti la mountain bike, perché tutto avviene ad alta velocità e la traiettoria deve essere precisa, in quanto non si possono fare degli scarti rapidi come a piedi. Solitamente anche gli escursionisti esperti e allenati sono portati a una corretta interpretazione della traiettoria e questo costituisce una buona predisposizione a loro favore per la pratica del trail.”
Il ruolo del cervello
Un corpo ben allenato, però, non basta per correre bene in discesa. È nell’aspetto psicologico che si trova “il direttore d’orchestra di tutte le funzioni menzionate”. Massa sintetizza il ruolo del cervello nella corsa in discesa in due parole chiave: concentrazione e motivazione. “Mi sono reso conto, ad esempio, di quante distorsioni della caviglia legate alla pratica della corsa in genere avvengano su tratti del percorso relativamente poco impegnativi, durante i quali la concentrazione si abbassa. Basta un attimo, a volte, per interrompere i complessi meccanismi della corsa in discesa ed esporsi al rischio caduta. Generalmente in gara si hanno degli stimoli forti grazie ai quali si riesce a “mollare le redini”, ovvero ad affrontare pendenze ripide a velocità di gran lunga superiori a quelle di solito tenute in allenamento. In sostanza: gli stimoli forniscono motivazioni le quali, grazie a una forte attivazione della concentrazione mentale, possono consentire un migliore rendimento in discesa.”
Allenare la discesa
Il contributo di Massa si sviluppa poi sul lavoro da svolgere per allenarsi a correre forte in discesa, sulle tecniche di corsa e le dinamiche di appoggio piede da sviluppare e sugli altri aspetti da curare affinché ogni dettaglio possa contribuire all’obiettivo: vestiario ed equipaggiamento, ad esempio, ma anche l’alimentazione, perché “in gara ci sono momenti in cui è opportuno mangiare e altri in cui lo è meno. Durante la discesa è necessario tenere la massima concentrazione e ciò è possibile se l’atleta non è distratto dalla necessità di alimentarsi. Generalmente è giusto trarre energia dai cibi assunti nei momenti morti (scollinamenti, falsipiani) e al limite nelle discese prolungate si può fare uso degli energetici disciolti nell’acqua del camelbak”.
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “La discesa nella corsa in natura”, di Fulvio Massa, pubblicato su Correre n. 432, ottobre 2020 (in edicola da inizio mese), alle pagine 51-55.