L’impatto emotivo e psicologico dell’isolamento sociale stimola i runner a ritrovare una capacità che è innata nell’uomo, che è stato progettato per resistere allo stress. Parola del nostro psico-coach, Pietro Trabucchi.
“L’essere umano è un progetto migliore di quello che si pensa. La resilienza ce lo dimostra.” Apre così il suo articolo Pietro Trabucchi, il nostro psicologo dello sport, a proposito della prova motivazionale cui ci hanno messo di fronte le tante restrizioni legate all’emergenza sanitaria in corso.
Progettati per resistere allo stress
Stiamo parlando di resilienza psicologica: un concetto che deriva – per metafora – dalla resilienza metallurgica, cioè dalla capacità di un metallo di resistere a uno stress che gli viene applicato.
“Nella mia vita professionale ho conosciuto centinaia di atleti, non solo di alto e altissimo livello, medaglie olimpiche o recordman, ma anche sportivi amatoriali, dilettanti o atleti giovani, ognuno motivato a spostare i propri limiti personali. Tutti mi hanno mostrato con chiarezza che siamo progettati per resistere allo stress e per affrontare problemi e difficoltà” prosegue Trabucchi.
Perseverare è… umano
In altre parole, la resilienza va considerata un fenomeno normale e non qualcosa di straordinario. Anche se negli ultimi mesi la resilienza ha assunto principalmente la forma di chi fronteggia la pandemia in prima linea, ovvero il personale sanitario impegnato negli ospedali, anche il mondo dello sport ha dovuto fronteggiare le sue sfide.
In chiusura dell’articolo Trabucchi si concentra infatti sulla condizione di quegli atleti che si stavano preparando per le Olimpiadi, passando poi all’impatto emotivo e psicologico dell’isolamento sociale sui runner. E se le ripetute di oggi fossero proprio la capacità di avere pazienza?
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Quella naturale resilienza di fronte al Covid-19”, di Pietro Trabucchi, pubblicato su Correre n. 427, maggio 2020 (in edicola a inizio mese), alle pagine 60-61.