Avrei voluto parlare ancora una volta di Usain Bolt per spiegare che razza di grande atleta è anche sotto il profilo non meramente tecnico. La questione la risolvo in poche battute.
Il giamaicano era annunciato da mesi a Bruxelles, ancora prima dell’evento mondiale. Poi c’è stato Pechino, la nuova immensa gloria. Tutto pronto in Belgio per accoglierlo con un congruo assegno: si parla di 250/300 mila dollari a uscita.
Bolt che fa? D’accordo il suo tecnico se ne torna a casa. E’ stanco. Lascia perdere i dollaroni sonanti e si riposa. Non una gara in più, non una stilla di sudore in più se la condizione non lo permette.
D’accordo di dollari ne incasserà tanti, ma certe rinunce solo un grande è capace di farle.
Decanation. E’ una manifestazione che si svolge da qualche anno in finale di stagione, coinvolge sette/otto nazioni in programma a Parigi/Charlety. Ci vanno solitamente non le prime schiere, visto il finale di stagione, ma qualche personaggio di punta si trova (leggi Vicaut nei 100 per la Francia).
Domenica l’Italia su sette nazioni è arrivata settima. Non che in altre occasioni gli azzurri avessero fatto molto di più, lo scorso anno addirittura non si presentarono, gettando nello sconforto atleti che avevano preparato per un’estate l’appuntamento (leggi Elisa Cova).
Solo un punto ha diviso la formazione azzurra dal Giappone, dopo le 10 gare in programma. Non una vittoria, non uno spunto d’interesse, andate vedervi i risultati, tra l’altro li pubblica solo la Gazzetta dello Sport.
I migliori dei nostri sono stati Riffeser, quarto, negli 800, Fofana, quarto nei 110hs, Kirchler, quarto, nel disco, tra gli uomini. Baldessari, quarta negli 800, Tessaro, quarta, nei 100hs. Tutti fuori dai tre gradini del podio.
Hanno vinto gli Stati Uniti che hanno schierato fior di campioni, leggi Hoffa, Verburg (uomini) Pierre, Mc Corory (donne). Le cosiddette seconde schiere hanno ricalcato le prime viste a Pechino.