Budapest23: qual è la medaglia più preziosa?

Budapest23: qual è la medaglia più preziosa?

30 Agosto, 2023
Foto FIDAL/Francesca Grana

Mondiali finiti. La nazionale azzurra torna carica di gloria. Così appare su tutti i quotidiani e le televisioni che si sono occupati per quasi 10 giorni delle gare di Budapest. La rassegna iridata magiara ha riscosso un notevole successo, in loco era sufficiente osservare la presenza numerosa del pubblico nello stadio, anche nelle mattinate dove non erano in programma finali e lungo il percorso della marcia e della maratona. Tra l’altro uno dei pochi dati in possesso (di chi scrive) in casa Rai sono i 2 milioni e 700 sbandierati in occasione delle finali della staffetta 4×100, pari a uno share del 10% (Rai2). Per l’atletica un dato assai significativo e importante.

Ora riavvolgendo il nastro la domanda è la seguente: delle quattro medaglie azzurre, quale la più importante? La risposta potrebbe essere facile: l’oro nel salto in alto di Gimbo Tamberi che dopo l’exploit a 2,36 ha dato vita ad esultanze che tutti hanno visto in tv coinvolgendo anche Hicham El Bakkali che aveva vinto l’oro nelle siepi. Un tris formidabile quello del marchigiano che eguaglia quello di Alberto Cova nei 10 mila: Europei ’82, Mondiali ’83, Olimpiadi ’84. Gimbo è partito dai Giochi ’21, Europei ’22 e Mondiali ’23, oltre ad altri titoli Europei e Mondiali sotto tetto e due finali della Diamond League. Qualcuno però potrebbe insorgere e affermare che l’argento della 4×100 vale oro, sommando i tempi individuali nei 100 metri dei nostri quattro moschettieri: Rigali, Jacobs, Patta e Tortu raggiungere la finale, sarebbe stato un miracolo. Invece, grazie a un lavoro di squadra, sotto la guida illuminata di Filippo Di Mulo hanno fatto vedere passaggi di testimone da mostrare alle scuole di atletica e una volata finale di Filippo Tortu che valeva quella di Tokyo ’21.

Photo: Francesca Grana

C’è un altro argento che in apertura di rassegna mondiale è arrivato, inaspettato e pertanto ancora più bello, quello di Leonardo Fabbri nel peso. “The Fabbrino” dopo una qualificazione stentata realizzata all’ultimo lancio, in finale l’omone toscano si trasformava scagliava la palla di ferro a 22,34, secondo dietro al fenomeno Usa Ryan Crouser che arrivava a 5 cm dal mondiale. Un risultato che ci ha riportato ai tempi di Alessandro Andrei, medagliato nel 1987 a Roma, ricordo che ormai si perde nella notte dei tempi.

Photo: Francesca Grana

Il quarto alloro è di Antonella Palmisano nella marcia, bronzo nella 20 km. La medaglia della fatica, dello spirito di abnegazione, della rivincita dopo due anni di tribolazioni di interventi chirurgici, la condotta di gara della pugliese che ha accettato la sfida da parte delle avversarie, è scivolata, non ha battuto ciglio, si è rialzata ha addirittura attaccato. Un’agonista che non è eguali, che tutto sommato, ha salvato la spedizione azzurra nelle prove di lunga lena, in strada e in pista.
Questa è la nostra domanda. Ai lettori la risposta.