Il bisogno di stimoli sta alla base del benessere e del buon funzionamento della mente umana. Ma se l’indolenza non è lo stato naturale dell’uomo, perché facciamo così fatica a partire e a tenere fede a un programma di attività fisica?
Meno spinte, più stress
C’è uno schema mentale molto diffuso nella cultura attuale: è l’idea passiva di motivazione. La concezione che la spinta a conseguire un obiettivo possa provenire solo dall’esterno: dall’allenatore, dall’azienda, dalla scuola.
Ma il mito dell’umano torpore è falso. E risponde esclusivamente a un’esigenza di comodo, nel senso di non volersi prendere la responsabilità della propria motivazione. È vero il contrario: le persone hanno bisogno di stimoli per stare bene. La noia – intesa come stato di carenza di stimoli – può diventare una tortura.
Autoregolarsi per battere la pigrizia
Ma se le cose stanno così, e la scienza lo ha dimostrato, perché allora c’è la pigrizia? Perché per tanta gente è difficile correre con regolarità? Il problema minore è legato al fatto che la corsa in sé, se non ci si lavora sopra, rischia di essere un’attività a basso contenuto di stimoli, in quanto molto ripetitiva. Sta a noi renderla il più varia possibile.
Il problema maggiore è legato alle nostre “capacità autoregolative”, ovvero alla forza di volontà. La forza di volontà si allena, ma è una competenza sempre meno esercitata nella società in cui viviamo. Per quanto noi si possa essere bravi a creare delle situazioni stimolanti intorno al running, non c’è nulla di magico. Ogni tanto bisognerà mettersi a testa bassa e impegnarsi a fare quello che c’eravamo prefissati. Deludente? No, realistico.
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Forze in gioco contro la noia”, di Pietro Trabucchi, pubblicato su Correre n. 402, aprile 2018 (in edicola da mercoledì 4 aprile), alle pagine 76-77.