L’abbiamo letto e impaginato e ancora non abbiamo finito di capire se “Note sparse coi giganti sullo sfondo”, il reportage sul Tor des Géants che Leonardo Soresi ha vissuto da concorrente, sia il racconto di un esperienza o quello di un sogno. Giudicate voi. Vi proponiamo l’attacco del testo, come fosse il trailer di un film.
“Ho finito il Tor des Géants. Mi sembra ancora impossibile. Nel momento in cui inizio a scrivere questo racconto sono tornato sulla terra da quindici giorni e, però, continuo a chiedermi che caspita sia successo sulle montagne della Val d’Aosta in quella settimana. Mi guardo intorno e faccio fatica a calarmi nuovamente nella realtà quotidiana, come se tutto fosse poco importante, come se tutto fosse anestetizzato.
E mi chiedo come riuscirò mai a scrivere un articolo che riesca a trasmettere almeno in minima parte le emozioni provate. Che cos’ha di diverso il Tor? Perché mi lascia così spaesato?
Sentirsi piccoli
Mi aspettavo di provare soddisfazione e un pizzico di orgoglio. Invece il primo sentimento è il desiderio di non parlarne, di non far sapere nulla a nessuno. Sul telefono continuano ad arrivare i messaggi di congratulazioni di chi ha seguito il mio cammino sul liverace della corsa. Ogni squillo, ogni complimento è un pezzetto di Tor che viene attaccato. Attaccato dalla vita di ogni giorno. Attaccato dalla tentazione di trasformarlo in uno stupido racconto fatto di chilometri e dislivelli. Attaccato dal pericolo di sentirsi speciali, giganti.
No, quando ho tagliato il traguardo del Tor non mi sono sentito un gigante. Per niente. Anzi, mi sono sentito ancora più piccolo di quando sono partito una settimana prima. Com’ero ridotto alla fine? A una formica che si arrampica su questi bestioni di montagne e non può fare altro che sperare in un po’ di ombra per proteggersi dal sole, in un po’ di vento per liberarsi dalla calura, in un po’ d’acqua per dissetarsi. Non ti viene altro da chiedere. Non denaro, non fama, non oggetti, non desideri di grandezza. Solo un po’ d’ombra. Solo un po’ di vento. Solo un raggio di sole. Solo un po’ di calore. Solo una sorgente d’acqua.
L’elfo dei colli
C’è stato però un aspetto della mia gara di cui riesco a raccontare con facilità: ho avuto infatti l’onore di percorrere tutto il giro dei giganti in compagnia di Federica Boifava, che fino a tre anni fa dominava la scena del trail italiano. Adesso Federica non corre più, si è stancata di sacrificare sull’altare della corsa la sua famiglia e le altre passioni che la agitano. Quasi tutti si meravigliano nel vederla nelle retrovie di questo Tor, eppure non ci dovrebbe essere niente di strano: l’amore per la montagna non si spegne perché si va più piano o perché non si vince più.
Nel suo zaino, a completare l’elenco del materiale obbligatorio, c’è anche il flauto traverso, perché la musica è un’altra delle grandi passioni di Federica. In cima a ciascuno dei venti colli del Tor, che fosse giorno o notte, che fosse freddo oppure sotto il sole, lei si è fermata per suonare un inno in musica alla bellezza di questa natura, alla meraviglia di un viaggio così intenso. Chi saliva di notte e sentiva provenire dalla cima le note avrà pensato a un’allucinazione oppure a un elfo con il suo flauto magico uscito dai boschi. Ma tutti, nessuno escluso, una volta in cima si fermavano ad ascoltare, socchiudendo gli occhi per non farsi sfuggire una lacrima. E nessuno si sognava di riprendere la corsa fino a che l’ultima nota non si fosse spenta nel vento.”
Nota: Questo testo rappresenta la prima parte del servizio “Note sparse coi giganti sullo sfondo”, di Leonardo Soresi, pubblicato su Correre n. 409, novembre 2018 (in edicola a inizio novembre), alle pagine 16-23.