“Mennea vola via”. Questo il titolo de La Gazzetta dello Sport l’infausto giorno in cui Pietro Paolo Mennea lasciò la vita terrena. Pochi sapevano del suo male, proprio per questo motivo, la sua dipartita fu ancora più dolorosa. Eravamo tutti impreparati.
Mennea in questo week end è ritornato. Imperiosamente, come suo costume. Forte, battagliero, coriaceo, volitivo. “Nero dentro”, in altre parole nell’anima, come ebbe opportunità di dire a Cassius Clay, in arte Mohammed Alì, il giorno che i due s’incontrarono e Alì si stupì di trovarsi di fronte un normotipo e per di più bianco di pelle.
Per due sere lo abbiamo rivisto sotto un’altra luce, quella di una fiction Rai. Accompagnata da un battage pubblicitario in grande stile. Tanto per essere espliciti il regista Ricki Tognazzi è stato spedito a Sofia e prima, nell’intervallo e nel dopo partita di calcio degli azzurri contro la Bulgaria, ha potuto informare gli spettatori della sua “creatura” che il giorno dopo veniva trasmessa dalla rete ammiraglia della Rai. Il primo canale, o meglio Rai Uno.
La prima serata è stata vista da oltre 5 milioni di spettatori, il 18% dello share. La fiction, aveva avuto qualche avvisaglia non proprio gradevole. C’è stato chi ha parlato di “falso storico”, chi ha scritto che molte cose erano andate diversamente, ad esempio la scelta di Pietro e Vittori di optare per le Universiadi e non di accettare la Coppa del Mondo a Montreal, la storia d’amore con la moglie completamente inventata, visto che Pietro l’ha conosciuta dopo essersi ritirato dalle gare.
Dopo la prima e la seconda serata, sui social network è, invece, partita la bordata di buonismo tipica di chi frequenta i vari facebook, twitter e via dicendo. Sì, perché, se qualcuno scrive che tutto è stato meraviglioso, altri proseguono nella striscia indicata. Al contrario se parte un giudizio negativo, la negatività si espande sino all’inverosimile. Potenza dei social…
Qualche critica l’ha avuta Luca Barbareschi nella parte di Carlo Vittori. “Fumava troppo” si è scritto. Sì, il prof fumava, ma non così, almeno questo il mio ricordo.
Ora arrivo a Pietro Mennea. Penso di non averlo mai intervistato, l’ho conosciuto, solo a metà degli anni Duemila, in un centro della Sicilia, Castelbuono, al Giro Podistico internazionale, dove per un caso fortuito, ho presentato in municipio un suo libro. Poi ho pranzato con lui, abbiamo visto insieme la gara e il giorno successivo abbiamo viaggiato in auto sino all’aeroporto di Palermo.
Pietro era la persona più normale che potessi incontrare. Anzi, poiché aveva passato i 50 da un pezzo e la sua figura non era più snella e scattante, con i capelli bianchi poteva tranquillamente non essere riconosciuto. Invece, anche nei brevi tratti di strada che avevamo fatto camminando fianco a fianco, più volte ha dovuto fermarsi a salutare la gente che passava. E’ stato un mito? Senza dubbio. La fiction? Una finzione con molti errori storici. L’interpretazione di Michele Riondino? A parer mio discutibile, migliore Lunetta Savino nei panni della madre. L’uomo della Federazione? Inventato?
Pietro rimane un punto fermo della storia italiana dello sport in assoluto. Su questo non ci piove. Il carattere? Spetta a chi l’ha conosciuto descriverlo. Non facile di certo. Una cosa lasciatemela scrivere: quando mai si parla d’atletica in televisione e in prima serata su Rai Uno, con filmati e commenti (Paolo Rosi) originali?
Ora legale
Forse non ve ne siete accorti, ma il cross ha salutato tutti. L’ha fatto dalla lontana Cina, dove è stato allestito il Mondiale. La corsa campestre inizia a proporsi nei primi giorni di novembre (l’ora solare è ripristinata a fine ottobre) e si chiude alla fine di marzo, con l’ora legale. L’appuntamento agli amanti della corsa attraverso i campi è fissato quando le foglie cadranno, quando il sole si affaccia timidamente il mattino e la sera va a letto presto e quando la pioggia rende tutto più triste. ,