Tokyo marathon: annullata la mass race, domenica 1° marzo correranno solo i top runner

Tokyo marathon: annullata la mass race, domenica 1° marzo correranno solo i top runner

17 Febbraio, 2020
Foto Giancarlo Colombo

La causa è il timore della diffusione del Coronavirus e il provvedimento di annullamento della mass race è stato disposto in applicazione delle azioni di profilassi contro l’epidemia messe a punto dal Governo nipponico. Gli italiani iscritti vengono in queste ore preavvisati dai rispettivi tour operator, in attesa di una comunicazione ufficiale dagli organizzatori.

L’ombra del coronavirus si stende anche sui Giochi olimpici di Tokyo 2020. Questa è la conclusione a cui porta la notizia dell’annullamento della mass-race della maratona di Tokyo, in calendario per domenica primo marzo.

Per prime, le agenzie di stampa del Giappone, nella loro giornata di lunedì (nostra notte di domenica su lunedì) hanno diffuso la notizia della riduzione della corsa, una delle sei “Majors” del circuito “Abbots” (con anche, in ordine di svolgimento, Boston, Londra, Berlino, Chicago, New York) ai soli top runner, donne e uomini. La causa è il timore della diffusione del Coronavirus e il provvedimento di annullamento della mass race è stato disposto in applicazione delle azioni di profilassi contro l’epidemia disposte dal Governo nipponico. La partecipazione alla Tokyo marathon 2020 era già stata in precedenza vietata ai soli iscritti provenienti dalla Cina.

Un pettorale difficile da ottenere

Nel lunedì italiano i nostri connazionali iscritti stanno ricevendo l’avviso di annullamento della trasferta: «Ci hanno comunicato dall’agenzia che ogni partecipante riceverà una comunicazione ufficiale direttamente dall’organizzazione» hanno riferito a Correre alcuni dei maratoneti italiani iscritti.

Delle sei major, quella di Tokyo è la maratona in cui è più difficile partecipare. Entrata per ultima nel massimo circuito, sulla corsa nipponica si è generato un collo di bottiglia costituito da tutti gli appassionati che nel mondo ambiscono a completare le sei gare (e ricevere l’apposito trofeo, la “medaglia delle medaglie”, un collage a fusione di tutte le sei ricevute al collo da finisher). Negli ultimi anni le richieste di partecipazione dall’Italia hanno superato sempre il numero dei pettorali che l’organizzazione ha di volta in volta messo a disposizione dei tour operator accreditati e si è creata una lista di attesa.

Le conseguenze

Tra le maratone di massimo calibro c’è un solo precedente che aiuta a capire cosa ne sarà dei soldi già spesi dai mancati partecipanti: la maratona di New York 2012, annullata nel pomeriggio di venerdì (a meno di 48 ore dal via) dopo che fino al giovedì sera sul sito ufficiale si assicurava il regolare svolgimento della gara, nonostante le difficoltà provocate dall’uragano Sandy, transitato sulla Grande Mela pochi giorni prima, tra il 29 e il 30 ottobre.

“La nostra policy è nessun rimborso” precisò da subito Mary Wittemberg, allora race director della più grande maratona del mondo, lasciando il cerino in mano ai tour operator che si accollarono la spesa di un pettorale da rendere disponibile a titolo gratuito per una delle cinque successive edizioni.

E Tokyo 2020?

Garanzie di vita normale vengono comunicate in queste ore dal Giappone, da dove si sottolinea anche che le altre corse in programma in quel Paese non stanno subendo variazioni o annullamenti.

Il pensiero di tutti va però alle ormai imminenti gare dei Giochi olimpici, non tanto per quanto riguarda gli atleti, sulla cui profilassi l’organizzazione può contare sulla collaborazione dei singoli comitati olimpici nazionali (anche se sono in molti a temere l’esclusione della Cina dalle gare), quanto sulla presenza o meno del pubblico, delle migliaia di persone già titolari da tempo di un pacchetto viaggio con biglietto incluso.

Sotto questo profilo, la distanza dai prossimi Giochi olimpici di Tokyo, sia in senso geografico (di là dal mare del Giappone, oltre la sottile linea delle coste nord coreane e russe, c’è la Cina), sia dal punto di vista del tempo a disposizione, si accorcia terribilmente, soprattutto da quando gli organi di informazione hanno diffuso la notizia dei 18 mesi che saranno necessari per mettere a punto un vaccino contro il Coronavirus.

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