Dopamina e motivazione, la psiche dei “cacciatori di sensazioni”

Dopamina e motivazione, la psiche dei “cacciatori di sensazioni”

Per alcune persone, la corsa al chiuso in una stanza è una vera e propria tortura. Diversi studi recenti hanno scoperto cosa differenzia il cervello di questi soggetti da quello di chi riesce ad allenarsi sul tapis roulant senza annoiarsi.

Negli anni Settanta Marvin Zuckerman pubblicò una serie di ricerche che descrivevano la personalità dei sensation seeker, i cacciatori di sensazioni. Si tratterebbe di persone il cui cervello, per rimanere attivo, richiede una quantità di stimoli superiore alla media: esploratori, alpinisti, innovatori, amanti del rischio e delle avventure, sportivi, scienziati e ricercatori. Negli anni, grazie allo sviluppo delle neuroscienze e della genetica, le intuizioni iniziali di Zuckerman hanno ricevuto una serie di conferme. Oggi molti neuroscienziati ritengono che uno dei sistemi di base del cervello sia quello della gratificazione, che ruota intorno a un neurotrasmettitore, la dopamina: è il sistema della passione e della motivazione. La gratificazione prodotta dal rilascio di dopamina spinge gli individui a ricercare nuove conoscenze, a risolvere problemi o a raggiungere obiettivi sfidanti. In quest’ottica, la noia sarebbe lo stato mentale che segnala livelli bassi di dopamina e che quindi spinge ad agire.

In altre parole, correre all’interno di una stanza risulta più stressante per i soggetti con livelli inferiori di dopamina che, infatti, hanno riferito che la noia ha rappresentato l’aspetto più duro dell’esperienza nella stanza: molto più del freddo, della fatica e dell’ipossia. I “pantofolai” invece temono gli ambienti poco controllabili e sono meno propensi ad annoiarsi. Diverse ore sul tappeto con un muro bianco davanti rappresentano quindi un’esperienza dura per tutti, ma significativamente più difficile per i cacciatori di sensazioni.

Eppure tutti hanno completato il lavoro. Come si spiega ciò? Con il fatto che la percezione di noia oggi viene collegata anche a un’altra caratteristica della personalità: una bassa capacità di autoregolazione, che si potrebbe tradurre come scarsa forza di volontà o autodisciplina. Pensateci la prossima volta che state per tirare i remi in barca dopo 20’ di tapis roulant: anche se sentite di appartenere ai sensation seeker, non prendetelo come un alibi.

Nota: Questo testo contiene una sintesi del servizio “Cacciatori di sensazioni”, pubblicato su Correre n. 383, settembre 2016, alle pagine 61-64, a cura di Pietro Trabucchi