È successo. Ho scritto che Francesco Totti ha giocato nella Lazio. Che Petrarca ha scritto la Divina Commedia. Per gli appassionati di atletica questo è il livello del mio errore nell’editoriale di Correre di gennaio, quando, ricordando i principali anniversari degli eventi di corsa più famosi negli anni che terminano con il quattro, ho scritto che sabato 11 agosto 1984, ai Giochi olimpici di Los Angeles, Gabriella Dorio ha vinto gli “800 metri” anziché i 1.500 metri, seconda affermazione olimpica azzurra sulla distanza dopo quella di Luigi Beccali nel 1932, sempre a Los Angeles.
Sulla versione digitale di Correre è stata effettuata la correzione, su quella cartacea no.
Ho pensato che mi sta bene, che me la sono cercata la stanchezza di fisico, ma soprattutto di testa, di chi finisce dentro a quell’acceleratore quasi nucleare di particelle umane che si mette in moto quando sul calendario scatta la parola “dicembre”, che scatena l’isteria collettiva del dover fare tutto prima del venticinque, come se il mondo dovesse finire alla vigilia di Natale.
Ho un mio piano antincendio che qui applico: metterci la faccia, per rispetto del lettore.
Un proverbio recita “Sbagliando si impara”. Magari è questa l’occasione di accettare che “sbagliando si impara a… sbagliare”, in un meccanismo mentale auto-sabotatore che probabilmente funziona da salvavita tenendoci lontani dal bisogno indotto di essere perfetti e funzionando come prevenzione da quell’infortunio che gli esperti di problemi della mente chiamano “Mente rigida”, quella del “Figlio perfetto” di un recente dramma di cronaca.
Buona lettura e buon 2024, dunque, con Correre di gennaio, errori compresi.