Il tema infortuni è uno degli argomenti di discussione più comuni tra i runner di ogni livello e il motivo è semplice: capitano a (quasi) tutti.
Per quale motivo? Il problema non è da ricercare nel running in sè, ma nei corridori.
Potersi permettere di correre
Viviamo in una società dove molti di noi si trovano a spendere più tempo seduti che in piedi, non usano più le gambe per spostarsi, non sanno o non riescono a respirare nel modo corretto e non hanno mai allenato veramente il proprio sistema aerobico o il proprio corpo e, con esso, le principali strutture coinvolte nel gesto della corsa.
Non basta indossare un paio di scarpe da running e mettere un piede davanti all’altro, nonostante spesso si legga il contrario.
Quel parametro da ridefinire
Quasi tutti i runner prendono come uno dei punto di riferimento base il proprio passo al chilometro, per impostare gli obiettivi e verificare i progressi. Ma chi ha detto che sia così importante?
Che senso ha correre a un dato ritmo se poi non ci stiamo godendo l’attività e concludiamo la corsa più stressati di quando abbiamo iniziato? L’ego, quando si corre, va lasciato a casa.
Fare vera informazione
Un altro problema alla base dei numerosi infortuni che popolano il mondo della corsa è la disinformazione. Si parla di scarpe, orologi, integratori, tecnica, allenamenti e gare, ma spesso non viene promossa una sana cultura della corsa.
La prossima volta che andate a correre non pensate a quanto veloce state andando ma provate a trasformare la corsa in piacere, in meditazione, in un momento per voi stessi.
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Infortuni, qual è la verità”, Daniele Vecchioni, pubblicato su Correre n. 414, aprile 2019 (in edicola a inizio mese), alle pagine 52-54.