La pandemia ha fatto germogliare un sentimento nuovo: il legame fra organizzatori e podisti accomunati da passione e senso di responsabilità
Ho dovuto e voluto dedicare il mio editoriale di Correre di novembre al cambio di proprietà della nostra casa editrice. Non potevo fare altrimenti, visto il rapporto di fiducia che si è consolidato con i lettori e che va continuamente alimentato. Quel passaggio di proprietà dagli originali titolari, Antonio Brazzit e Marco Sbernadori, alla squadra di sette soci di cui mi onoro di far parte, è anche un passaggio di testimone. Sportivi tutti siamo, per passione, responsabilità e senso del sacrificio, e la staffetta è l’immagine idonea a rappresentare lo spirito di chi ha “passato le consegne” come di chi ha rilevato. Ne trovate nota anche in questa newsletter.
Non fosse intervenuto questo evento, in quell’editoriale avrei dato spazio alle emozioni, che sono state il filo conduttore delle domeniche di corsa ritrovata, progressivamente e sempre più, tra fine luglio e metà ottobre, pur nella necessaria rigidità del protocollo anti-Covid-19. Rituffato nelle domeniche di poco sonno e tanti chilometri di trasferta, in quelle zone di confine tra il reale e l’immaginario che sono le aree di partenza e poi di arrivo delle nostre corse, ho ritrovato la gioia spinta alle lacrime, più di quanto già non accada, in riva a quei traguardi che in tempi “normali” si portano via magari mesi di allenamenti e anni di pensieri. E mi è parso di cogliere anche un sentimento nuovo: concorrenti e organizzatori fusi in un’unico spirito, come una sola grande squadra che al tempo stesso lavora e organizza. Passione e responsabilità, sacrificio e divertimento, alla faccia degli improperi subiti durante il lockdown.
Qualcosa da conservare nel luogo più asciutto e caldo della nostra anima, pronto a tornare in campo non appena la lotta alla pandemia, di nuovo, lo consentirà.
Buona lettura e buona corsa.