Forse in parecchi se ne saranno accorti che il mondo dell’atletica in pista è ancorato ad antiche formule, a personaggi alquanto paludati, non consoni con il mondo che va sempre più veloce. Nell’ultimo week end, invece, la Iaaf, forse la meno moderna delle federazioni mondiali, ha sfoderato un’arma davvero vincente: il Campionato del mondo di staffette. Era previsto da qualche tempo, ma a Nassau, nelle Bahamas, luogo certamente migliore di quello da dove l’estensore di queste note sta scrivendo, si sono viste le 4×100, le 4×200, la staffetta del miglio (4×400), la 4×800 e financo la 4×1500. In altre parole, tutto ciò che poteva essere fatto, di corsa, passandosi il testimone l’un l’altro. Quel poco che si è visto in tv ha dato la sensazione di un gran divertimento, cosa che molte volte manca nell’atletica: dai, ditemi cosa c’è di affascinante in una prova di … ognuno ci metta la gara che crede. Le staffette no. Sono la ciliegina sulla torta di un campionato mondiale, europeo o nazionale che dir si voglia. La 4×400, gara finale di una grande competizione pare, a detta di chi ne sa parecchio della nostra disciplina, rappresenti lo stato dell’arte di una nazione atleticamente parlando, come lo è la 4×200 nel nuoto. E allora noi italiani, in questo senso, non siamo messi proprio bene. C’erano solo le femminucce, con Bazzoni, Spacca, Bonfanti e Grenot. Marta Milani, convocata come riserva, ha preferito rimanere a Bergamo, traete voi ogni considerazione. In semifinale le nostre hanno avuto una certa qual fortuna, con Libania ultima frazionista, apostrofata da Stefano Tilli in registrata tv come: «Un po’ lentina» (ma lo si poteva scrivere anche tutto attaccato!). Ma di là da tutto ciò, le nostre ragazze in finale arrivano al sesto posto con 3’27”44, con un crono migliore di 2” rispetto ai Mondiali di Mosca. A Zurigo ci sarà da vendere cara la pelle, sperando che Libania riesca, una buona volta, a esprimersi come sa fare e che sia il faro (acceso) della 4×400. Stiamo sempre in casa nostra, altre formazioni non ne abbiamo presentate, pare anche perché in concomitanza vi era la Coppa Campioni di club rappresentata e vinta per noi dalle Fiamme Gialle. La corazzata dell’atletica italiana, che potrebbe essere paragonata a una franchigia (squadra che raccoglie più club a livello nazionale) del rugby, come le Zebre o il Benetton, vanta talmente tanti azzurri tra le sue fila che il discorso finisce lì. Il fine settimana ci ha offerto Andrew Howe in Toscana. I filmati apparsi su Youtube lo mostrano leggermente contratto nel finale, barbuto e baffuto e a parer mio anche invecchiato. Ha fermato i cronometri dopo 20”60, ma con un vento a favore di +3,2 m. A proposito di paludamento, avete mai fatto caso alle premiazioni in un meeting o in una corsa su strada? Ne parliamo alla prima occasione. Non vuole essere una minaccia, ma solo una promessa.