Il Tor des Geants (330 km sulle montagne della Val d’Aosta, 24.000 m di dislivello +) era cominciato da dodici ore quando il cinese Yuan Yang, di 43 anni, è caduto lungo un sentiero nella zona del lac du Fond, sotto al colle della Crosatie (Valgrisenche) a circa 2.600 metri di altitudine andando a sbattere violentemente contro le rocce. I medici del 118 in servizio lungo il percorso non hanno potuto che constatare il decesso per trauma cranico. Sullo stesso colle è caduto anche un corridore francese, salvato in extremis dallo stesso destino grazie all’intervento dei sanitari. Il bilancio della prima parte di gara è appesantito anche dai dieci ricoveri in ospedale per ipotermia e da una serie di infortuni di diversa gravità: fratture, contusioni e lussazioni. Nelle tre precedenti edizioni del Tor aveva regnato una sostanziale calma piatta dal punto di vista della sicurezza. Tutto è cambiato nel giro di poche ore: sulla morta dell’ultrarunner cinese la Procura di Aosta ha aperto un’indagine. Yang faceva parte del gruppo di coda del lungo serpentone di oltre 700 atleti, provenienti da tutto il mondo, che stanno percorrendo di corsa l’impressionante circuito delle due alte vie valdostane e stava correndo in discesa da solo, ma a poca distanza da lui c’erano altri concorrenti, in mezzo a una bufera di pioggia e neve.
E con l’inchiesta si apre anche la pagina delle polemiche. Su La gazzetta dello Sport di oggi, martedì 10 settembre, Orlando Pizzolato condanna la leggerezza che sembra caratterizzare il mondo del trail: “Il maratoneta fa fatica, ma sa quando fermarsi, l’alpinista si mette in sicurezza e pianta un chiodo dopo l’altro. Chi fa questi ultratrail è stressato dal cronometro e spesso si trova in condizioni di ipoglicemia in cui cala la lucidità: sente di essere andato piano in salita e si butta sulla discesa a rotta di collo. Li ho visti in diretta: spesso rischiamo la vita. Cosa spinge tanti professionisti a trasformarsi in dilettanti della fatica?”