Cosa significa allenare un podista?
Significa proporre un livello adeguato d’intensità da sostenere per uno specifico periodo, in modo da determinare un’evoluzione fisica. Soggetti che si allenano alla stessa intensità, però, non sempre ottengono gli stessi miglioramenti.
A tu per tu con i “no responder”
Questa situazione è comune anche ad atleti di alto livello. Basta pensare al gruppo di keniani che si allena col primatista mondiale di maratona, Eliud Kipchoge: tutti svolgono la stessa preparazione, ma i risultati espressi in gara sono differenti, anche di molto.
È quindi fondamentale che ci sia sviluppata una conoscenza diretta del soggetto a cui viene proposto il carico di allenamento.
Un allenamento “fisiologico”
Inoltre, una recente ricerca canadese apparsa su Journal Applied Physiology, Nutrition and Metabolism ha dimostrato che è più efficace e produttivo allenare un podista utilizzando un parametro fisiologico diretto e molto semplice, com’è l’impegno respiratorio, piuttosto che correre a intensità prefissate.
Un allenatore quindi, per agire con maggior efficacia sull’evoluzione del proprio atleta, non dovrebbe proporre di rispettare un determinato ritmo di corsa, ma di farlo correre sostenendo un livello specifico di respirazione.
I soliti punti di riferimento
“Nulla di nuovo” verrebbe da pensare subito, se non fosse che la stragrande maggioranza dei tecnici continua ad allenare secondo parametri tradizionali. Prendiamo la corsa media, per esempio: c’è chi la fa sostenere al proprio atleta al 90% della soglia anaerobica, oppure al 80% del massimo consumo di ossigeno, o al 85% della frequenza cardiaca massima o ancora, come facciamo spesso su Correre, prendendo a riferimento il ritmo di una specifica distanza di gara: 10”/km (10 secondi al chilometro) più lentamente del ritmo gara tenuto in una recente prova di 10 km (indicato in sintesi come +10”/km RG 10 km), oppure 5”/km più velocemente del ritmo gara di mezza maratona ( -5”/km RG 21km).
Avere dei punti di riferimento per determinare l’intensità dello stimolo serve per cercare di definire, a priori, l’entità della sollecitazione, ma non è detto che si arrivi al risultato programmato.
Nota: Questo testo rappresenta la parte iniziale del servizio “Quando i soliti lavori non funzionano”, di Orlando Pizzolato pubblicato su Correre n. 410, dicembre 2018 (in edicola a inizio dicembre), alle pagine 20-22.