C’è vita sul pianeta corsa. La cronaca ce lo ha ricordato. Correre di dicembre è percorso dalle immagini della Venicemarathon e dalle parole che ha ispirato. Ne è talmente pieno, di quelle parole e di quelle immagini, che se ne sollevi una copia dal tavolo potresti veder sgocciolare ancora l’acqua alta dalle pagine. Da tempo, sulla rivista, l’attualità funziona un po’ come una riserva indiana, perché brucia in fretta sul WEB e una notizia che è fresca quando andiamo in stampa è già solo un ricordo quando arriviamo in edicola. Per questo il dovere di cronaca lo traduciamo in qualcosa di diverso: approfondimenti nella sezione Monitor, reportage dove i pensieri dell’inviato spesso confinano i fatti a scenario sullo sfondo, e anche la “mera cronaca” delle gare nel Tuttocorsa è ormai in realtà un album dei ricordi: foto e classifiche a testimoniare che siamo passati da quella maratona, da quel trail, da quella corsa su strada, con i sorrisi dei runner che ci urlano il loro “Carpe diem!”.
Questa volta, invece, abbiamo scommesso che un fatto accaduto a fine ottobre sarebbe potuto risultare ancora attuale a fine novembre, perché la Venicemarathon ci ha permesso di scoprire che siamo ancora capaci di fare qualcosa di completamente inutile dal punto di vista materiale, come affrontare il toboga dei ponti alternati alle pozze per guadare fino al traguardo e rendersi conto che a volte c’è qualcosa di Personal più importante del Best.
Si chiama passione quello che ci fa fare tutto questo ed è la parola chiave di Correre di dicembre, dalla copertina dedicata al maratoneta paralimpico Federico Rossi all’intervista a Federica Boifava, dall’entusiasmo dei quasi 3.000 italiani di New York alla precoce maturità a volte amara con cui i protagonisti della prima puntata di “Giovani Leoni”, i talenti in erba del 2013, cinque anni dopo si ritrovano a riflettere sul loro domani arrivato in un istante.
Buona lettura.