Negli ultimi anni si è assistito a una crescita di runner apparentemente ipertesi. Vediamo di capire quando sia realmente necessario assumere farmaci e quando invece ci si trovi in una situazione di “normalità fisiologica”, utile al corretto svolgimento delle funzioni dell’organismo
Con l’aumento dell’età media dei praticanti sono cresciuti anche i podisti che prendono farmaci per la pressione. Una tendenza che potrebbe non essere positiva, per almeno un paio di motivi. Il primo è il rischio di ipotensione dovuto al sommarsi dell’effetto farmacologico con l’azione ipotensiva naturale della corsa. Il secondo è il calo prestativo conseguente all’assunzione di questi medicinali.
Come funziona la pressione arteriosa
La pressione arteriosa è data dalla somma degli sforzi necessari al cuore per inviare sangue in ogni distretto del corpo, in primis al cervello. Se la pressione è alta, dunque, spesso significa che all’organismo serve che abbia quel valore. Un’eventuale correzione dovrà quindi essere solo temporanea e nel frattempo si lavorerà a correggere le cause dell’aumento pressorio.
Le cause dell’aumento pressorio
La pressione sale per età, eccessiva assunzione di sale alimentare, uno stato infiammatorio cronico, una forte ritenzione idrica, il sovrappeso marcato, un elevato stress psicofisico, la combinazione di ansia, angoscia e agitazione, l’eccessiva assunzione di zuccheri, vari tipi di disfunzioni renali, la presenza di placche ateromatose, la sedentarietà.
Occorre innanzitutto capire perché la pressione si alza, ma soprattutto i motivi per cui è utile che si alzi, perché abbassarla tramite i farmaci in certi casi può essere dannoso per la salute.
Tentare altre strade prima dei farmaci
Una pressione più alta della norma, infatti, può indicare un tentativo (da parte del nostro organismo) di correzione di un valore troppo basso per lo svolgimento delle funzioni fisiologiche dell’organismo.
Diminuire forzatamente questo valore significa rischiare situazioni ipotensive che durante l’attività possono procurare cadute, fratture e anche morti accidentali.
Se si agirà sulla riduzione del sale, sulla ritenzione idrica, sul sovrappeso o sull’ansia, la pressione si abbasserà in modo naturale.
Un’epidemia soprattutto apparente
Da dove nasce questa recente “epidemia” di ipertesi, non solo tra i runner? Certo ci alimentiamo sempre peggio, con più cibi industriali, salati, raffinati, ma una delle spiegazioni è che le più importanti società di cardiologia mondiali hanno da poco abbassato ulteriormente i limiti di tolleranza della pressione arteriosa sistolica (massima) e diastolica (minima). Chi supera anche di poco il valore di 120/80 è già candidabile a un trattamento farmacologico (parliamo del 70% degli individui over 65). Chiariamo: una pressione alta, se danneggia l’epitelio interno delle arterie o rende instabile la placca che si forma all’interno delle arterie stesse, rappresenta un rischio reale di infarto o di ictus cerebrale. Se però tenerne conto significa sottoporre tutti a un trattamento farmacologico, allora è lecito porsi qualche dubbio, come ha fatto Fiona Godlee, direttrice del British Medical Journal, in un suo editoriale.
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Prestazioni sotto pressione”, di Luca Speciani, pubblicato su Correre n. 419, settembre 2019 (in edicola da inizio mese), alle pagine 74 e 75.