I processi di generazione del disagio che avvertiamo nelle sedute più impegnative o lunghe sono di diversa natura. Conoscerli permette di impostare lavori specifici e attuare comportamenti che portano al miglioramento della performance. A questo tema è dedicato il vero e proprio “dossier” che Huber Rossi propone ai lettori di Correre di novembre
“Ogni runner sa cosa sia la fatica. Quante volte, durante una sessione di ripetute, le sensazioni di “bruciore” muscolare e di affanno respiratorio portano a un rallentamento sensibile della velocità, oppure, nel finale di una seduta lunga, l’irrigidimento progressivo della muscolatura rende molto difficile mantenere il passo?
Si tratta di adattamenti ancestrali di difesa del corpo, risposte fisiologico-comportamentali messe a punto all’origine della specie umana e molto utili per evitare di portare al limite i vari sistemi e apparati corporei che garantiscono la sopravvivenza e la salute.”
L’allenamento, ed alcune strategie tecniche e psicologiche, permettono il miglioramento della performance riducendo le sensazioni di fatica percepite; semplicemente aumenta la capacità di tollerare lo sforzo.
I processi che portano alla fatica sono di diversa natura, conoscerli permette di impostare allenamenti specifici e attuare comportamenti che portano al miglioramento della performance in gara e in allenamento.
I “perché” della fatica
Da questa spiegazione, che tutti ci riguarda, Huber Rossi dà inizio a una ricerca molto dettagliata su “i perché scientifici della fatica”, che lo porta a spiegarci i diversi meccanismi che la causano e la alimentano. È così che i lettori di Correre di novembre si trovano a conoscere i diversi “modelli” di spiegazione messi a punto nella letteratura scientifica per fornire un “perché” al disagio che ci raggiunge quando corriamo:
• modello cardiovascolare/anaerobico;
• modello dei substrati energetici;
• modello della fatica neuromuscolare;
• modello del trauma muscolare;
• modello termoregolatorio;
• modello biomeccanico;
• Central governor;
• modello psicologico/motivazionale.
“Ciascuno di questi modelli – spiega il nostro coach – ci può fornire informazioni sulle motivazioni di un calo prestativo e anche diverse idee su come incidere per migliorare la performance e la tolleranza a quella tipologia di fatica.”
Nota: Questo testo rappresenta una sintesi dell’articolo: “Identikit della fatica”, di Huber Rossi, (pagine 30-36), pubblicato su Correre n. 457, novembre 2022 (in edicola da inizio mese).