Lo sguardo va verso quei due monconi in cemento. Spezzati. Due monconi che, originariamente facevano parte di un ponte che saldava due Genova. Quella operaia, manifatturiera del Ponente e quella residenziale e dei servizi del Centro e del Levante (la Genova dei signori).
Due città talvolta in contrasto l’una con l’altra, talvolta opposte, ma pur sempre “zeneixi“. Di quelli che, sotto una scorza tradizionalmente dura, si commuovono perché la visione va diretta al cuore e porta a galla spezzoni di vita. L’euforia nel percorrere il ponte verso il mare della Riviera di Ponente; il mal di testa della coda al rientro di tante domeniche pomeriggio; i battiti accelerati per l’appuntamento con la ragazza che vive a Sestri Ponente. Tutti ricordi uniti da quello che era considerato un gioiellino dell’Architettura mondiale. E che, invece, è diventato distruzione, sbriciolarsi in mille pezzi.
Chissà cosa sarà passato nelle teste e nei cuori dei 5000 che, domenica 14 ottobre, hanno partecipato alla “Stragenova del cuore“, sei chilometri nel ricordo e a beneficenza di quel maledetto 14 agosto. Quarant’anni fa, probabilmente, Marco Bucci avrebbe corso la distanza in maniera agevole, visto che (compagno di allenamenti il vostro redattore) riusciva a sviluppare 8×600 m in 2’00” (non proprio un allenamento dimesso) a Villa Gentile, l’unica pista praticabile di Zena. Tutto sotto lo sguardo attento di coach Edoardo Giorello. Da un anno Marco Bucci, classe 1959, è il primo cittadino di Genova. Da neanche un mese è stato nominato commissario per la ricostruzione in uno dei momenti più brutti nella storia della Superba.
“Marco, la tua prima frase dopo l’immane tragedia del 14 agosto è stata: “dopo le lacrime, Genova deve correre“.
“Si, guarda l’energia di tutti i partecipanti oggi. E’ uno spettacolo meraviglioso. E’ una lezione mandata al mondo della politica. Ci sono a insieme la voglia di riscatto superiore agli scontri ideologici, il modo di ricordare e nello stesso tempo di riprendersi“.
“Da giovane praticavi il mezzofondo con discreti risultati. Cosa ti ha insegnato lo sport?”
“Lo dico in tre termini: sudore, fatica, voglia di lavorare. La corsa mi ha dato metodo, impegno, applicazione”. Ricordo tante corse su strada da Villa Gentile verso Nervi e ritorno. Quei primi dieci chilometri on the road che rappresentavano, per noi studenti, un’avventura. Quando sentivamo la fatica, Bucci era il primo a incitarci: “Quello di oggi è uno spettacolo bellissimo. Genova va forte, andrà forte“.
La vita poi prende strade differenti; allora è bello ritrovarsi dopo tanti anni in occasione di una corsa che riveste un significato così importante: “Genova ritornerà a correre più velocemente di tutti. E’ una città che ha saputo risollevarsi– dice- migliaia di volte“.
Siamo proprio sotto la Lanterna, simbolo della genovesità. Come in un deja vu rivedo gli start della Marcia della Lanterna dalla storica Sala Chiamata del Porto, dei camalli, dello speaker che, con la “cocina” diceva : “Prepararsi alla partensa”, proprio con la esse. Rivedo la Stra Terremoto del 1980, organizzata per raccogliere fondi per il sisma della Campania. Eravamo partiti là vicino, dal Lungomare Canepa di Sampierdarena. Eravamo pochi, tutti agonisti. Oggi sono in tantissimi, con le magliette del ponte. Riflettono il cambiamento del “popolo della corsa” ma custodiscono con una sorta di privilegio un messaggio meraviglioso: la voglia di riprendersi. Come del resto dopo la terribile alluvione del Bisagno del 1970, del Fereggiano del 2011.
Genova, come sei bella……