Simone Corsini, così si prepara un Tor des Géants

Simone Corsini, così si prepara un Tor des Géants

26 Giugno, 2023

Secondo al Tor des Géants 2022, su Correre di giugno Simone Corsini ci ha raccontato il suo approccio al trail running e alle ultra distanze, passando per la maratona

Se hai appena iniziato a correre, qual è la prima gara a cui ti iscrivi? 

La maratona, se sei Simone Corsini.

Da zero a 42

«La gradualità non è il mio forte» ci conferma ridendo il ventinovenne professore di elettronica ed elettrotecnica all’istituto tecnico di Castelnovo ne’ Monti, sull’appennino reggiano.

Simone Corsini, nostro uomo copertina in questo numero, è stato secondo all’edizione 2022 del Tor des Geants: 330 km con 24.000 m di dislivello positivo, partenza e arrivo a Courmayeur… dopo aver percorso tutto il perimetro della Valle d’Aosta.

Nel 2019 fu quinto in 82 ore 45’52”, l’anno scorso ha limato oltre 7 ore, chiudendo in 75 ore 27’33”. Nel 2021 e nel 2022 è tornato anche a correre la maratona di Reggio Emilia, portandola a casa rispettivamente in 2h27’41” e 2h26’43”.

Kilian chi?

«La prima volta però ci misi 3 ore e 40’!» ricorda sorridendo quando andiamo a trovarlo a Toano, sull’appennino reggiano, dove vive e si allena.

«Iniziai a correre nel 2012, a Bologna, quando frequentavo l’università, dopo un anno di quasi completa inattività. A invogliarmi fu mio zio, ex calciatore professionista. Fu sempre lui a farmi conoscere Kilian Jornet: mi mostrò il video di un vertical in cui correva fortissimo, ma io all’epoca non sapevo neanche chi fosse».

«Dalla mia casa di Bologna fino ai Giardini Margherita facevo fatica a correre senza dovermi fermare, parliamo di pochi chilometri! Un anno dopo, nel 2013, mi sono iscritto alla maratona di Reggio Emilia, consapevole di non essere assolutamente pronto, però sono riuscito a finirla… ovviamente distrutto! Quello stesso anno mi sono iscritto anche al mio primo trail: l’ecomaratona del Ventasso». 

Mai provate distanze brevi?

«La gara più corta cui ho partecipato è stata la 32 km dell’UltraK Trail di Corniglio. Quelle ancora più corte le soffro molto, non sono abituato ai ritmi veloci e prenderei una “sbriciolata” peggiore che in una da 150 km». 

Come si prepara un ultra trail in Appennino?

«La differenza maggiore rispetto alle Alpi non è la pendenza, perché volendo anche in Appennino si trovano pendenze severe: il grosso gap è l’assenza di dislivello. La salita più lunga che riesco a fare sul monte Cusna (2.121 m, ndr) misura 900 metri… mentre al Tor des Géants, nel solo tratto da Donnas a Point Saint Marten, devi salire da 300 a 2.500 m slm, il che vuol dire passare da uno sforzo di 40 minuti a uno di 5-6 ore senza mollare mai un attimo. Le gambe non sono abituate, c’è poco da dire. L’allenamento specifico più duro che mi sono inventato è ripetere tre volte l’ascesa al Cusna, tutti i giorni per una settimana».

Oltre la quota

«Oltre all’altitudine, poi, ci sono tutti gli aspetti che la quota si porta dietro, come le condizioni atmosferiche: un conto è correre fino a 2.000 m, un altro è dover arrivare fino ai 3.000 m del Col Loson, specie se ci arrivi di notte. Io ho sempre avuto la fortuna di trovare bel tempo nella prima parte di gara, in caso contrario sarebbe stato ben più complicato, perché non mi ero mai allenato in quelle condizioni e avrei dovuto improvvisare».

Come ci si allena per una ultra?

«Il mio programma adesso me lo faccio da solo. In passato mi sono interfacciato con Nicola Giovanelli – atleta, ricercatore e allenatore che ho trovato preparatissimo – però faccio fatica a seguire delle tabelle, mi piace uscire di casa e assecondarmi: se ho voglia di stare in giro tre ore ci sto, se ho voglia di fare 50’ mi bastano quelli. Sono un po’ scriteriato e forse ci vorrebbe più metodo, però ho imparato a conoscermi a forza di correre. E poi sono curioso, ho letto molto a proposito».

Un gap mentale

«C’è poi da dire che – secondo me – nelle lunghissime distanze l’allenamento di qualità non è così influente come invece in una maratona o in una mezza, eventi di qualità. Nelle ultra distanze il gap si riduce: è chiaro che ci vuole una base aerobica importantissima, però più si allunga la distanza e più conta la testa».

«Gare fino a 120-150 km fisicamente si possono allenare, oltre conta essere molto forti mentalmente, perché i problemi prima o poi arrivano e il fisico dice basta. Se non è la testa a voler andar avanti, diventa difficile».

La situazione più brutta in cui ti sei trovato?

«Le crisi arrivano sempre, ma sai che prima o poi passano. Fame, crampi e stanchezza ti costringono a rallentare, ma tutto sommato il fisico regge. Le notti del Tor invece sanno essere lunghe e quando rimani da solo per tante ore diventa tutto molto complicato. Gli attacchi di sonno per me sono i momenti di più difficile gestione, soprattutto se si portano dietro delle allucinazioni… nella seconda notte vedevo il sentiero zeppo di padelle!».

La privazione del sonno è allenabile?

«In teoria, sì, ma come potrei fare? Posso stare fuori casa, a correre e camminare una notte intera, certo, o anche due consecutive, in un fine settimana. Ma mi ritroverei “spaccato”, devastato e il recupero durerebbe giorni, col risultato che alla fine della preparazione mi accorgerei di aver accumulato molti meno allenamenti e chilometri. Senza contare che a scuola ci vado tutti i giorni e che coi ragazzi devo essere lucido. Quello che ho visto che è utile, sotto questo profilo, è fare una sorta di “pieno di sonno”: almeno la settimana prima del Tor cerco di dormire molto, con regolarità di orari e quantità di ore, così da avere il fisico fresco e le pile cariche quando vado in gara».

Prossime gare nella lista dei desideri?

«Mi piacerebbe correre una delle mitiche ultra americane: Western State o Hard Rock, dove è nato lo spirito trail. Poi qualcosa sulle isole, come la Madeira Ultra Trail o la Transvulcania. Ce ne sarebbero tantissime e di molto belle ne abbiamo pure in casa, come il LUT. Il mio calendario però dipende sempre dall’esame di maturità dei miei ragazzi».

Cosa ha di speciale il Tor des Géants? 

«È una gara fuori dagli schemi, tanto a livello fisico quanto – e soprattutto – a livello emotivo. Ti lascia qualcosa come nessun’altra gara ed è talmente lunga che hai tempo e modo di provare tantissimi alti e bassi. E poi c’è la passione dei valdostani: in quella settimana tutta la regione si ferma per seguire il Tor».

E l’Utmb?

«Chamonix è un mondo a parte, si respira agonismo puro e ci sono tutti i più forti al mondo. Ho già corso la OCC (55 km con 3.425 D+) e la CCC (100 km con 6.156 D+) e prima o poi proverò anche l’Utmb, anche se il livello si è talmente alzato che sarà difficile essere competitivi. Il distacco coi primi, che sono dei professionisti, è incolmabile. 

Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Tra improvvisazione e consapevolezza”, intervista di Francesca Grana a Simone Corsini, pubblicata su Correre n. 464, giugno 2023 (in edicola da inizio mese), alle pagine 104-107.