Per rovinarci la giornata non occorre un evento grave, basta una contravvenzione, il guasto di un elettrodomestico. Seccature di semplice soluzione: si paga la multa, si ripara l’elettrodomestico. Spesso, invece, la decisione da assumere è più laboriosa, perché non si riesce ad accettare il “danno”. Lo rilevo quotidianamente con numerosi podisti che mi contattano, preoccupati per un problema fisico. Sul mio forum le discussioni riguardo agli infortuni (520) sono seconde solo all’allenamento (750). La richiesta è sempre quella: un aiuto nell’identificare il problema e nel trovare poi la soluzione, talvolta anche in presenza della diagnosi di uno specialista, che però in quanto tale non ispira fiducia (tutti gli specialisti sono accusati di minimizzare le necessità degli atleti). E pensare che i miei suggerimenti sono basati solo sull’esperienza: se a volte è difficile già per uno specialista, per me fare una diagnosi è impossibile, visto che non posso vedere la zona del corpo interessata e neppure “metterci le mani” per sondare la reazione dei tessuti. In molti casi bastano semplici terapie o addirittura un po’ di riposo! Tutti elementi che il podista non accetta facilmente. Primo, perché le cure determinano un costo, secondo, perché il riposo causa uno scadimento della condizione di forma. Ma al di là del danno, non correre comporta anche un altro aspetto: la beffa, che ha una ripercussione emotiva ancora più forte dell’infortunio stesso. «Non posso stare a riposo, perché tra un mese ho la maratona, sono già iscritto e ho anche versato l’acconto all’albergo.» Il disagio principale del podista non è quindi determinato dal problema fisico, bensì dalla perdita economica. Ciò lo porta a comportarsi in maniera irrazionale: proverà in ogni caso ad allenarsi, anche a scapito (praticamente sempre) del peggioramento della situazione fisica e aumentando quindi le probabilità che la beffa si materializzi. Succederà che il podista non andrà alla maratona perché infortunato, e perderà la spesa del pettorale e dell’acconto dell’hotel. Oppure, caso più frequente, andrà ugualmente al via della maratona, per attenuare il disagio indotto dal rimorso di aver speso i soldi del pettorale e dell’hotel. E la maratona non sarà neppure un’esperienza negativa, nel senso che arriverà al traguardo, probabilmente mezz’ora dopo il tempo sperato, ma contento di aver superato e contrastato le avversità generate dall’infortunio. Glorifica maggiormente la sofferenza della prestazione. Cosa ne deduco? Che alla fine, la scelta giusta l’ha fatta quel podista, perché ha corso la maratona e ha affrontato la trasferta, senza alcuna perdita né rimorso. Il mio consiglio sarebbe stato opposto, ma avrebbe avuto senso solo se rivolto a chi affronta le situazioni con razionalità.
Dal mio forum: “Da quando ho finito la maratona, ho sempre male…”
Orlando Pizzolato