Domenica 28 ottobre 1984, Central Park, New York. La maratona è all’epilogo e in testa c’è un italiano sconosciuto ai più. Gareggia con il pettorale n. 100, l’unico rimasto libero quando questo atleta si era presentato all’organizzazione scoprendo che si erano dimenticati di iscriverlo.
«Pizzo… Pizzo… what?» Chiedono i giornalisti in sala stampa a Gianni Merlo, inviato de La Gazzetta dello Sport, visto che colui che sta per tagliare il traguardo non è riportato nelle liste di partenza che hanno a disposizione, con tutti i nomi dei top runner.
«Ogni anno, quando a New York accompagno i corridori ad allenarsi qualche giorno prima della maratona, molti mi chiedono cosa avessi provato nel tagliare per primo quel traguardo. Sulla linea d’arrivo termina la competizione, si riceve il premio, si raccolgono i riconoscimenti del pubblico e finalmente si allentano le tensioni, ma quasi mai il traguardo è il punto più particolare della corsa. I punti focali dove si è decisa la mia vittoria sono invece indietro di qualche chilometro rispetto alla “finish line”.», così Orlando Pizzolato ricorda quel giorno nell’editoriale che apre Correre di novembre, in edicola in questi giorni.
«Nel 1984 – prosegue – la vittoria ha preso consistenza al 24° miglio, appena sotto la scalinata che porta al Reservoir: lì mi sono voltato indietro per l’ultima volta ed è stato dove ho deciso di non fermarmi più per bere, come avevo fatto nelle 5 miglia precedenti. L’anglo-americano David Murphy aveva recuperato ben 61 secondi del vantaggio che avevo al 30° chilometro, ed era dietro di me di soli 9”. Da lì fino alla Tavern on The Green (traguardo in Central Park, ndr) sono riuscito a distanziarlo di ben 43”».
Oggi, martedì 28 ottobre 2014, sono trascorsi esattamente trent’anni.
Felicitazioni, Olando: molta della passione italiana per la maratona comincia da quella vittoria.