Giugno 1.0 Uno spettacolo senza pubblico

Giugno 1.0 Uno spettacolo senza pubblico

25 Maggio, 2014

Anche nella primavera che sta per finire ho trascorso qualche piacevole ora ad assistere in televisione ad alcune tra le più belle maratone. Erano immagini emozionanti, come succede quando una competizione si decide sul filo delle forze residue degli atleti impegnati a mantenere un passo quasi impossibile, tanto da bloccarsi appena un metro dopo il traguardo. Altre particolari sensazioni nascono poi nell’osservare quanta gente assista al passaggio dei maratoneti. A Londra pare che gli spettatori fossero oltre due milioni. Ho visto che sui marciapiedi c’erano spesso fino a cinque file di persone.

A Boston è stato scritto che gli spettatori erano mezzo milione; non pochi per una maratona “campagnola”, con chilometri di campi a separare i paesi che si incontrano da Hopkinton e giù fino a dopo Wellesley, quando si gira a destra per iniziare ad affrontare le Newton Hills. Ma dalla ben nota salita spezza cuore passando per la zona del Boston College, giù fino a Brookline e Copley Plaza, la gente è davvero tanta. Uno spettacolo! Per chi corre o per chi guarda? Penso per gli uni e gli altri. Il pomeriggio dello stesso giorno della maratona di Londra, ho guardato la Parigi Roubaix. Ad analogo tandem avevo assistito la domenica prima: la maratona di Parigi e poi il giro delle Fiandre.

In tutti questi eventi, la gente sul percorso era tantissima. Perché da noi non è così?

Affermiamo sempre, con orgoglio, che le nostre città sono tra le più belle al mondo e che le emozioni non hanno eguali quando le attraversi correndo. Uno spettacolo. Ma solo per chi le corre, perché a vedere podisti correre non c’è quasi nessuno. Se a Londra ci sono spettatori allineati fino alla quinta fila, da noi ci sono cinque spettatori in fila. Insomma, le corse non fanno spettacolo. E sappiamo che all’estero le corse non sono, come capita da noi, un ingombro per il traffico. Ne sentiamo di tutti i colori quando si transita a un incrocio dove le auto sono in fila. Dalle altre parti del mondo non ci sono auto in fila perché lì non possono stare.

Agli italiani, che oltre a essere poeti, santi e navigatori sono stati anche buoni maratoneti, non interessa quasi nulla di chi corre, o occupa le strade per qualche attività sportiva. Gli
italiani restano gente da stadio. L’editoria è un po’ la cartina tornasole di questa differenza.

Nelle nostre edicole per fortuna ci sono numerose riviste di ciclismo, ma poche di podismo. La Francia, con 65 milioni di abitanti, ha sette riviste che trattano della corsa (tre di trail). La Germania cinque (83 milioni). La Spagna pubblica sei riviste di corsa (47 milioni di abitanti). Anche in Inghilterra si possono comperare sei riviste podistiche (e sono in 53 milioni). Chissà cosa raccontano i corridori stranieri dopo aver corso una maratona da noi. Saranno contenti del cibo e del vino, ma credo non del supporto incontrato lungo le strade. Forse anche per questo non vengono numerosi come in altre maratone nel mondo, dove trovano il giusto sostegno ed entusiasmo.

Orlando Pizzolato